D oveva essere un'occasione di rilancio del polo produttivo di Termini Imerese. Finisce con un disastro l'avventura di Blutec, la società che aveva preso il posto della Fiat. Il futuro dei 700 lavoratori non è mai decollato e ora diventa ancora più nero: i vertici di Blutec sono stati decapitati da un'inchiesta che ha messo in luce lo sperpero dei soldi pubblici: 16,5 milioni sui 21 erogati da Invitalia sarebbero spariti attraverso speculazioni finanziarie e altri magheggi o sarebbero stati utilizzati al di fuori della Sicilia. Ora arriva la resa dei conti: va agli arresti domiciliari il presidente del consiglio di amministrazione Roberto Ginatta, stessa destinazione per l'ad Cosimo Di Cursi, sorpreso dal provvedimento in Brasile e ora sulla strada del rientro in Italia. I due sono accusati di malversazione, insomma di distrazione di soldi del contribuente, nell'ennesimo fallimento di una scommessa produttiva al Sud.
Il piano prevedeva che lo stabilimento Fiat dovesse essere rilanciato puntando sull'automotive.Nel 2015 era stato sottoscritto un accordo di programma che aveva coinvolto i ministeri dello Sviluppo economico, del Lavoro e delle Politiche sociali, la Regione Siciliana, il Comune di Termini Imerese: 95 milioni il valore dell'intesa, di cui 71 di agevolazioni.
Invitalia ha pompato nelle casse della società qualcosa come 21 milioni, ma il progetto si è ben presto arenato, fra ritardi e sospetti. La tabella di marcia, con una scadenza al 2016 poi prorogata al 2018, non è stata rispettata e nemmeno è iniziata la restituzione dei finanziamenti, revocati ad aprile 2018.
Ad oggi 570 lavoratori sono in cassa integrazione egli altri 130 sono impegnati in attività di formazione. In pratica, Blutec è una scatola vuota e per questo, per calmare gli animi e gestire una situazione sociale esplosiva, a febbraio il vicepremier Luigi Di Maio era andato a Termini Imerese, si era impegnato a non togliere l'àncora di salvezza degli ammortizzatori sociali e aveva rivolto un appello al management: «I patti vanno rispettati».
Gli accertamenti delle Fiamme gialle hanno ricostruito un quadro sconfortante: 8 milioni sono stati investiti in titoli esteri, dopo un acrobatico doppio passaggio attraverso la filiale milanese del Credit Suisse. Non solo: un'altra tranche, per 1,2 milioni di euro, se n'è andata per un software mai utilizzato, mentre di 2 milioni, secondo Repubblica, sarebbero rimaste tracce in una società del figlio del presidente del cda. In tutto, almeno 16 milioni - la stessa cifra per cui è stato disposto un sequestro preventivo - sarebbero stati impiegati per scopi diversi da quelli stabiliti. Macerie. La magistratura risponde con il pugno di ferro: l'intera società è sotto sequestro ed è stato nominato un amministratore giudiziario. «Dobbiamo mettere in sicurezza i lavoratori», ripetono il premier Giuseppe Conte e Di Maio. Le autorità locali pensano ad una manifestazione da tenere davanti alla sede torinese del gruppo Fca.
Si torna cosi al punto di partenza, in un drammatico gioco dell'oca. La riconversione di questa come di tante altre aree del Sud resta un miraggio. E la tensione sale: alcuni operai hanno forzato i cancelli e hanno occupato, per un'ora circa, la fabbrica fantasma.
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