Azione in Liguria vira a sinistra, strizza l'occhio al «campo largo» e nel partito di Calenda l'ala liberale non nasconde il «mal di pancia»: c'è chi giura che qualcuno - Mara Carfagna su tutti sia pronto a cambiare aria. «Dire che vira a sinistra mi pare eccessivo», spiega al Giornale Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all'Università di Bologna. «Diciamo semmai che Calenda ha scelto di entrare in una coalizione che ha necessariamente bisogno anche dei suoi voti. E che con i suoi voti - e forse anche con quelli di Renzi potrebbe essere competitiva e chissà, anche vincere».
Però anche Enrico Costa, su X, critica l'endorsement a Orlando, che secondo lui «contraddice il lavoro in chiave garantista» di Azione negli ultimi anni.
«Orlando non mi pare un giustizialista, mi sembra che sia una persona fondamentalmente seria ed equilibrata. Non credo che si debba discutere di Orlando, ma se Azione ritiene di dover far parte di quel campo largo adesso lo chiamo come loro anche io oppure no. Capisco le perplessità di Carfagna e di Gelmini, capisco un po' meno quelle di Costa, perché Costa mi pare molto duro su posizioni che, secondo me, c'entrano poco con Azione».
Resta il fatto che la mossa sembra spaccare il partito, e che gli ex azzurri minacciano di far le valigie: Carfagna avrebbe parlato di distanza «siderale» dal sostegno dato al candidato del Pd.
«A me spiace che la distanza della Carfagna sia siderale: prendo atto che chiunque può andarsene da un partito, ma non necessariamente con i suoi voti, che potrebbero invece rimanere lì ed essere utilizzabili. In una certa misura però capisco che chi è stato di Forza Italia preferisca forse ritornare lì. E tutto sommato questo sarebbe un chiarimento. Perché Azione è in una posizione un po' intermedia, e anche un po' ambigua qualche volta».
Quindi la rottura aiuterebbe un riposizionamento più chiaro di Azione. Ma a quel punto che cosa resterebbe del Terzo polo?
«Non è mai esistito, ce lo raccontavano loro e voi giornalisti ci avete creduto. Hanno solo fatto un'operazione politica comprensibile, e che per un po' è servita visto che sono entrati in Parlamento. Ma lo schieramento partitico italiano era già multipolare. Che loro pensassero di occupare un posto di centro, fare un polo, e poi decidere di volta in volta a quale forno - a quale polo - rivolgersi, era assolutamente irrealistico. E anche sbagliato dal punto di vista del miglioramento del funzionamento del sistema».
L'altro fantasma che aleggia sull'accordo ligure è la pregiudiziale di Azione contro i Cinque Stelle: scomparsa anche questa?
«Domanda difficile. La pregiudiziale anti-Conte la capisco. Dopodiché capisco anche che Conte ha delle pregiudiziali contro chi non lo vuole. È che vedo nel M5s un grande casino, e quindi non so come ne usciranno. Insomma, Calenda fa bene a scommettere sul fatto che sono costretti a cercare un'alleanza con il Pd e anche con lui. In queste condizioni chi ha 3, 4 o 5 per cento dei voti conta moltissimo. Se Calenda riesce a liberarsi di alcune scorie, che non sono Gelmini o Carfagna, e se riesce a definire un po' meglio il suo concetto, conta parecchio. Quanto agli ex di Forza Italia».
Dica.
«È comprensibile che tornino verso la casa madre, verso Forza Italia, che un po' rappresenta l'elemento moderato della coalizione, l'elemento affidabile, anche europeista».
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