Tocca a Cantone smascherare il "sistema" contro Palamara

Il rebus intercettazioni

Il giudice Raffaele Cantone
Il giudice Raffaele Cantone
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«A me non risultano intercettazioni occultate», dice Raffaele Cantone, procuratore della Repubblica di Perugia. Le dichiarazioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio sul «caso Palamara» costringono per l'ennesima volta Cantone a tornare sul tema che, da quando è arrivato a dirigere la procura umbra, ciclicamente torna sul suo tavolo: le modalità con cui è stata gestita a Perugia l'indagine sul «Sistema» che governava la giustizia italiana. I buchi neri dell'inchiesta sono innumerevoli, e Nordio è tornato a puntare il dito sul più delicato, le intercettazioni rese note e quelle rimaste riservate. Grazie a questo doppio binario, dice il ministro, l'indagine di Perugia ha portato a galla solo verità parziali.

«Se Nordio avesse avuto notizie di tale tipo avrebbe certamente presentato una denuncia alla autorità giudiziaria», dice ancora Cantone, e aggiunge: «gli accertamenti svolti dal mio ufficio lo escludono categoricamente». Impeccabile. Il problema è che Cantone è arrivato a Perugia a cose fatte, quando l'indagine sul «Sistema» era sostanzialmente finita. Cantone si è impegnato per riportare la situazione nell'ambito della correttezza ed in larga parte ci è riuscito (basta pensare alla decisione con cui ha individuato e colpito le «talpe» interne). Ma è il primo a sapere che ormai il danno era fatto, ed era in larga parte irrecuperabile, perché prima del suo arrivo l'indagine su Palamara era stata una indagine eterodiretta, in cui gli atti portavano sulla carta l'intestazione della procura di Perugia ma a guidarla era la procura di Roma, ovvero il gruppo di potere che aveva deciso di fare fuori a tutti i costi Palamara. A condurre le indagini era la polizia giudiziaria di fiducia del procuratore Pignatone, il Gico della Guardia di finanza, i server delle intercettazioni erano collocati alla procura di Roma, erano i finanzieri del Gico a decidere quando attaccare e quando staccare il trojan. Sui motivi per cui l'incontro cruciale tra Palamara e il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone del 9 maggio 2019 non era stato registrato, la Finanza ha dato spiegazioni contrastanti, ora si scopre che un cancelliere della procura di Perugia dice in giro che la registrazione c'è: ma chissà dove è finita. E comunque basta leggere il libro «La Gogna» di Alessandro Barbano per avere l'elenco completo delle colossali anomalie compiute durante le intercettazioni: della riunione-chiave all'Hotel Champagne mancano ben ventisette minuti, per esempio.

La battaglia di perizie attualmente in corso a Napoli sulla gestione delle intercettazioni sul «Sistema» è ora la finestra che, a cinque

anni di distanza, si può forse aprire su un passaggio ancora troppo oscuro della storia della giustizia italiana. Sapere come sono andate davvero le cose è diritto degli indagati e dell'opinione pubblica. E anche di Cantone.

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