Le toghe alle barricate temono uno sciopero flop

L'Anm minaccia ma la maggioranza non la segue. Il "freno" dei giudici della Cassazione

Le toghe alle barricate temono uno sciopero flop
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La parola è lì, sospesa nell'aria, aleggia sul dibattito nelle mailing list dei giudici senza che nessuno abbia il coraggio di pronunciarla apertamente: «sciopero». Di fronte a una riforma costituzionale che prende di mira alcuni capisaldi finora inattaccabili delle toghe, e con la prospettiva concreta di abbatterli, la reazione più ovvia sarebbe quella. Eppure ci si gira intorno, di perifrasi in perifrasi: «Non escludiamo niente - dice la vicepresidente dell'Anm Alessandra Maddalena - abbiamo un Comitato direttivo centrale convocato a metà giugno e la mobilitazione potrà avere qualsiasi forma». Anche lo sciopero? «I magistrati tutti sono preoccupati e pronti a qualunque forma di protesta».

Al più, si promette «una mobilitazione importante». Se la parola «sciopero» fatica a essere pronunciata, un motivo c'è: la paura del buco nell'acqua. Non è un caso se appena pochi mesi fa il leader dell'Anm Giuseppe Santalucia, quando si parlava di scioperare contro le «pagelle» alle toghe, aveva risposto cautamente «c'è tempo». Perchè l'ultima volta che i magistrati italiani avevano deciso di incrociare le braccia era stato un disastro: allo sciopero di due anni fa contro la riforma Cartabia avevano aderito meno della metà degli iscritti al sindacato delle toghe, Magistratura democratica aveva parlato di «fallimento», la corrente di minoranza Articolo 101 di «plateale insuccesso». Dietro l'adesione più bassa degli ultimi vent'anni già allora si era colta l'onda montante di una «maggioranza silenziosa» all'interno della magistratura, il disamore di migliaia di giudici verso lo strapotere delle correnti politicizzate. Delle battaglie di bandiera dell'Anm, come quella contro la separazione delle carriere, molti magistrati - soprattutto delle nuove generazioni - non sanno che farsene.

A frenare gli ardori è anche la preoccupazione su come reagirebbe alla proclamazione di uno sciopero il piano più alto della magistratura italiana, ovvero la Cassazione. Nel maggio 2022 allo sciopero contro la riforma Cartabia le adesioni in Cassazione erano state risibili, sotto il 25 per cento. Come si comporterebbero, stavolta, gli ermellini di piazza Cavour? Nelle pieghe della riforma costituzionale, c'è oltretutto una misura che li eleva ancora di più aldisopra della categoria: sarebbero gli unici a poter fare parte dell'Alta corte di giustizia, il nuovo organismo chiamato a svolgere la funzione disciplinare al posto del Csm. Difficile immaginare che i giudici di Cassazione scioperino in blocco contro una riforma che attribuisce loro questo privilegio, e che poco li tocca - essendo già al top di gamma - sulla separazione delle carriere.

Così l'Anm un po' traccheggia, un po' minaccia, un po' promette «iniziative culturali», sperando che siano i lavori parlamentari a smussare la riforma. Intanto i suoi malumori fanno passare in secondo piano la legittima delusione degli avvocati, che vedono sparire dal testo finale il passaggio che nel nuvo testo della Costituzione riconosceva il ruolo dell'avvocatura come perno del sistema-giustizia.

A spendersi per l'inserimento era stata soprattutto Forza Italia, gli alleati avevano convenuto, ma poi - come altri passaggi della riforma - anche questo è andato a sbattere contro le obiezioni del Quirinale, secondo cui si sarebbe creata una disparità con le altre professioni liberali non citate nella Costituzione. Ma non è detto che nei lavori parlamentari non si trovi una soluzione.

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