
I biologi lo chiamano enocione, o Aenocyon dirus. In inglese è dire wolf e in italiano metalupo, una conoscenza zoologica familiare per gli amanti del Trono di spade: gli Stark ne possiedono due esemplari nella loro reggia di «Grande inverno», da dove dominano le regioni del Nord. E il metalupo si adatta perfettamente all'ambiente: bianco, peloso e gigantesco. E sparito dalla faccia della terra, all'incirca tredicimila anni fa.
Però, però... La notizia è che i biologi di cui sopra lo avrebbero riportato in vita. Lo hanno - parole di Colossal Biosciences, l'azienda che ha pubblicizzato l'impresa - «de-estinto». Ora, come di fronte a ogni annuncio sensazionale, altri scienziati hanno subito specificato: più o meno, perché i distinguo sono molti. Fatto sta che un metalupo si ergeva splendidamente candido sulla copertina di Time, che un altro si aggirava fra la neve in un lungo articolo del New York Times e che due cucciolotti pelosi sono apparsi sui siti di tutto il mondo a testimoniare che l'incredibile sembra essere diventato realtà. Fra l'ottobre del 2024 e il gennaio del 2025 sono nati tre piccoli metalupi e ora vivono, in rigorosa cattività, in un parco di proprietà di Colossal Biosciences in una località imprecisata del Nord America (sono appena tornati nel mondo dopo tredicimila anni, lasciamoglielo riscoprire con un po' di privacy).
C'è una femmina di due mesi, che si chiama Khaleesi, ovvero la «regina della grande tribù», nome che si sono ritrovate moltissime figlie di fan del Trono di spade. E ci sono due maschi di sei mesi che si chiamano Romulus e Remus, non c'è bisogno di spiegare perché. Anche se la lupa che li allattò non era bianca e gigantesca... Già oggi, i cuccioli sono il venti per cento più grandi dei loro cugini, i lupi grigi. Hanno i denti e le mascelle più voluminosi, le spalle più possenti, le zampe più muscolose. Ululano in modo diverso e hanno la coda più folta e il collo più peloso. E dire che i geni in comune con i lupi grigi sono quasi tutti, il 99 per cento, ad eccezione di diciotto. Gli studiosi hanno scovato questi reperti di Dna antico in due fossili: un dente di tredicimila anni fa trovato in Ohio e un teschio di settantaduemila anni fa rinvenuto in Idaho. Poi, a differenza di quanto avviene nella clonazione, non hanno preso il Dna del metalupo per intero ma si sono limitati a editare una ventina di geni del lupo grigio, introducendo le mutazioni del metalupo in quindici di essi (ne hanno tralasciati cinque perché causavano cecità e sordità). Poi hanno immesso le cellule di lupo grigio così modificate in un ovulo di cane (o meglio, in decine di ovuli) che hanno impiantato in femmine di cane, le madri surrogate dei metalupi. Sono nati quattro cuccioli, ma uno è morto per un problema all'intestino.
Gli scienziati di Colossal Biosciences avevano già provato a far resuscitare il mammuth e il dodo, ma senza successo. Così hanno pensato ai metalupi, perché sono parenti stretti dei cani, e i cani li conosciamo bene, anche dal punto di vista genetico. E poi hanno sfruttato i lupi grigi, che nelle ultime migliaia di anni hanno soppiantato i metalupi in Nord America. Una volta, i metalupi erano i padroni. Cacciavano cavalli, bisonti e perfino mammmuth. Oggi si risvegliano in un mondo e un ambiente completamenti diversi. Le loro prede e i loro fratelli non esistono più, se non in quel parco isolato e nascosto.
C'è un sogno affascinante, nei progetti di «de-estinzione», che si accompagna però alla malinconia di ciò che scompare, come è naturale che avvenga, e alla sensazione di una hybris, che non sappiamo dove ci porterà. Forse a fondare un impero, come Romolo e Remo, ma chissà che impero sarà.
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