Spericolata, esagerata e piena di guai. Alla colonna sonora della vita di Radja Nainggolan non mancava che l'accusa di traffico di droga dal Sudamerica. Ora l'ex giocatore di Roma e Inter - oltre che di Cagliari, Piacenza e Spal - ha pensato bene di rimediare: la Procura di Bruxelles, che l'ha interrogato ieri, gli contesta l'importazione di cocaina al porto di Anversa e destinata a tutto il territorio belga. La polizia federale ha eseguito ieri una trentina di perquisizioni domiciliari tra Bruxelles e Anversa, arrestando 15 persone e sequestrando 2,7 chili di cocaina, giubbotti antiproiettile e armi, rinvenendo 370mila euro in contanti, gioielli e orologi da 360mila euro l'uno, oltre che monete d'oro per 116mila euro e 14 veicoli.
Il legale di Nainggolan, Omar Souidi, respinge le accuse: «Non è ancora stato accusato. Solo perché deve rispondere a domande, non significa che abbia a che fare con la faccenda. Lui ha collaborato». Ma intanto la stampa belga ricorda il legame di Nainggolan con un socio condannato negli Stati Uniti per traffico di droga tramite jet privati destinati a Hezbollah. Perché sul centrocampista anche della nazionale belga (36 anni, in Italia 516 partite in prima squadra, oltre alle giovanili) cronaca e cronache sportive si intrecciano. Solo nell'ultimo fine settimana dopo i no a offerte turche e dall'Irak gol dalla bandierina al debutto con il Lokeren-Temse nella sfida al Lierse, serie B belga. Visto il tipo, scommettere che sia l'agonia sportiva resta comunque un azzardo. Lui che il periodo interista l'ha intervallato a spedizioni al casinò sperperando cifre che il lavoratore medio impiega un paio d'anni ad accumulare. Assegni clonati, movida in mezza Lombardia, avvistamenti nelle tarde serate prepartita: succede nella Bergamasca, quando viene paparazzato accanto a Fabrizio Corona e con il dito medio che si alza quando qualcuno, immortalandolo sui social, gli ricorda che l'indomani c'è la partita con il Torino.
A Milano, Nainggolan c'era finito dopo aver alzato la cresta non solo in campo: nel 2014, con la figlia di 2 anni che dorme in auto, percosse alla moglie (nel frattempo divenuta ex) che il pronto soccorso romano San Giovanni di Dio traduce in una prognosi di 20 giorni. Fatti, ma anche parole, che lancia e incassa: in 18 mesi arringa un «meglio uno scudetto con la Roma che 10 con la Juve» e un «la Juve la odiavo prima di arrivare a Cagliari. Aveva sempre avuto questi aiuti». Nella hit di sbandate, il suo «vado al massimo» prende forma sulle strade del Belgio con 1.200 euro di multa per guida con tasso alcolico 4 volte oltre il limite, sospensione della patente, poi ritiro al secondo controllo e successivo arresto per guida senza documenti.
A bordo campo, la carriera in patria va in fumo per una sigaretta accesa prima di sfidare lo Standard Liegi che gli vale la sospensione dall'Anversa. Sorte analoga alla sua storia in Nazionale, finita per colpa delle «bionde» a cui non ha mai saputo dire di no. Se questo è il pane quotidiano, figurarsi quando c'è da stappare lo spumante per l'ultimo dell'anno.
Il botto lo fanno le immagini che lo stesso Radja pubblica sul proprio profilo Instagram, ai tempi giallorossi: shot, pinte, bestemmie e sigarette. La Roma siamo nel 2018 - non lo convoca per la sfida successiva con l'Atalanta e in estate gli regala un biglietto di sola andata per l'Inter. Tutto il resto è noia.
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