Marco Bucci, sindaco di Genova, ha 64 anni ed è il candidato alla presidenza della Regione Liguria per il centrodestra. Le elezioni si terranno domenica e lunedì e il sindaco è pronto a battersi.
Come sta, signor sindaco?
«Molto bene, sono molto carico. Ho addosso una quantità di adrenalina che potrei venderla».
L'hanno attaccata in modo volgare usando il suo tumore come una clava politica.
«Che devo dirle? Mi sembra un metodo non accettabile. Comunque voglio rassicurare tutti. Non ho nessuna intenzione di morire. Sto facendo le cure che devo fare e sono sicuro di poter portare a termine il mio mandato, se gli elettori me lo daranno».
Come sta vivendo questa malattia? Ha paura?
«Affatto. È una battaglia e la conduco con saggezza e con le mie forze, che sono piuttosto grandi».
È stata una campagna elettorale faticosa?
«Sì. Un lavoro pazzesco. Pensi che in queste settimane ho perso sette chili: sono un figurino»
Davvero?
«Mia moglie mi dice così. Vede, ci sono molti aspetti positivi nelle campagne elettorali»
Quindi le ha migliorato la vita...
«Si, lo ho detto anche ai medici: prescrivete ai vostri pazienti delle campagne elettorali»
Quanto ha contato in questo momento la famiglia?
«La mia è importantissima. Lo è sempre stata. Le cose noi le facciamo insieme. Mi ricordo che un giorno, 30 anni fa, dissi a mia moglie: andiamo in America? Avevamo due figli piccoli piccoli. Lei fu entusiasta. Prendemmo i bagagli e tutti in America. Insieme».
Lei che papà è?
«Un ottimo marito e un grandissimo padre».
Addirittura?
«Beh, ora mi hanno sentito i miei familiari e stanno ridendo tutti Ridete, ridete, ma voi siete orgogliosi di vostro padre!»
Lei pensa che un leader politico deve essere anche un esempio?
«Sì. Primo compito è quello di fare le cose che vanno fatte. E poi devi essere un esempio».
Cosa le dicono gli elettori che incontra per strada?
«Le signore sopra i 50 anni mi dicono: sindaco, pensaci tu perché altrimenti qui torniamo indietro a 20 anni fa».
Lei si definisce caparbio. È una dote?
«È una dote e può essere un esempio. Quando ero ragazzo, con gli amici, i boy scout, facemmo questo gioco: dimmi tre caratteristiche del tuo carattere».
E lei cosa ha risposto?
«Con tre T: tosto tenace e testardo».
Sandro Pertini diceva che tutti gli uomini di carattere hanno un brutto carattere. Aveva ragione?
«Totalmente ragione».
Di lei dicono che sia poco conciliante.
«Che vuol dire conciliante: fare compromessi? Allora non sono conciliante. Se invece vuol dire ascoltare le persone, valutare e poi decidere, allora sono conciliante».
Quanto di quello che è accaduto a Toti ha influenzato questa campagna?
«Una influenza minima».
Lei ha un fratello prete...
«Frate cappuccino».
Quanto conta la religione sulle sue scelte politiche?
«Io sono amministratore e lavoro per la Polis greca. Non faccio parte di partiti né di ideologie. La religione conta nei comportamenti, non nell'amministrazione».
I magistrati sono in guerra con la politica.
«No, no. La fermo subito. Io sono molto americano. Gli amministratori hanno piena fiducia nella magistratura. Per cui non è opportuno che gli amministratori commentino le cose della magistratura».
Lei agli elettori propone la sua esperienza e anche il suo modello.
«Sono una persona che ha sempre lavorato duro. Il modello è quello».
Lei è entrato in politica non giovanissimo. Cos'è per lei la politica?
«È la Polis, la città. Nient'altro. Per me è amministrare».
Da giovane era già appassionato alla politica? Per chi votava?
«Non avevo una passione politica».
Per il suo avversario Andrea Orlando ha stima?
«Oh sì, certamente. È uno che si impegna. Però non credo che sia capace di fare il presidente della regione Liguria.
Mi ha detto tutta la verità in questa intervista?
«Si, tutta e nient'altro che la verità».
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