Trappole d'acqua

Dal Garda al Brenta, dal Natisone al dramma del bioparco: da giugno un morto ogni due giorni in fiumi, torrenti e laghi. Ogni anno 400 vittime: "Più prevenzione"

Trappole d'acqua
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L'immagine dei tre ragazzi abbracciati nel Natisone poco prima di essere travolti dalle acque resterà un simbolo. Un tragico simbolo che racconta di quanto basti poco per morire. Di quanto una leggerezza possa essere fatale.

Con l'acqua è così, soprattutto nei fiumi, al lago. Non ci si rende conto di quanto una corrente possa essere improvvisa e spezzare le gambe, come accaduto ai due giovani spariti nelle acque del fiume Brenta dove si erano tuffati per recuperare un pallone. Non ci si rende conto di quanto l'acqua del lgao possa essere pesante e «trascinare giù» come successo alla mamma e al figlio annegati nel Garda. E ancora: non si pensa mai che risalire in barca senza una scaletta o l'aiuto di qualcuno sia praticamente impossibile, molto più che in mare, come accaduto al turista inglese affogato nel lago di Como e alla sua fidanzata, salva grazie all'intervento di un'altra imbarcazione.

Quelli di questi giorni sono solo gli ultimi episodi di cronaca, ma le vittime dell'acqua sono già 22 da giugno a oggi. Un morto ogni due giorni. In media ogni anno la Sima, Società italiana di medicina ambientale, calcola 400 vittime.

Nel mondo sono circa 236mila le persone decedute per annegamento: gli incidenti avvengono in mare aperto, nei fiumi ma anche in piscine alte pochi centimetri e nelle vasche da bagno di casa. Sembra impossibile ma tant'è. Le vittime più frequenti, secondo l'Oms, sono i bambini tra uno e 4 anni, seguiti da quelli di età compresa tra 5 e 9 anni. Gli esperti chiedono più prevenzione e più controlli sul territorio. E premono perché vengano aumentati i divieti di balneazione. Anche se spesso, come dimostra il caso del Natisone, i cartelli vengono ignorati, soprattutto quando i torrenti sembrano in secca e tutto appare «fermo». «Invece le acque interne di fiumi e laghi possono nascondere grandi insidie» afferma il presidente Sima, Alessandro Miani. «Da un lato mulinelli d'acqua e correnti nei fiumi, dall'altro fondali improvvisamente profondi dei laghi e difficoltà a risalire a riva, quando questa è rocciosa, causata da alghe adese alla pietra che la rendono scivolosa.

I numeri sui decessi ci dicono che serve più prevenzione in Italia, promuovendo nella popolazione una maggiore consapevolezza circa le norme base di sicurezza e incrementando controlli e divieti». Va detto che agli italiani certi concetti e un po' di prudenza stanno entrando in testa. Ma gli stranieri e i turisti sono più sprovveduti e non si rendono affatto conto dei pericoli nascosti dall'acqua dei fiumi e dei laghi. Per questo restano vittima di una percentuale consistente di incidenti.

Resta poi un altro aspetto da considerare: i controlli sui bambini. Il caso della ragazzina annegata al bio parco a sette anni fa capire quanto sia difficile per un gruppo di educatori tenere sott'occhio tutti i bambini (decine) dei centri estivi.

È un attimo che uno sfugga alla vista o che ci si renda conto di un'emergenza troppo tardi. E anche se ci sono i bagnini e si prendono precauzioni per tenere il gruppo assieme, non ci vuole poi molto a «perdere» un bambino. Anche quando l'acqua è alta mezzo metro.

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