Gli aerei americani lanciano, con la Giordania, oltre 36mila pasti sulla Striscia di Gaza, dove almeno 10 bambini sono morti solo nel nord per malnutrizione e disidratazione negli ultimi giorni (dati Unicef). Israele «non ha scuse» per non consentire l'ingresso di più aiuti per i civili a Gaza, taglia corto Joe Biden, che avverte: «Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco» perché la situazione diventerebbe «molto pericolosa» se le ostilità continuassero durante il Ramadan, il mese sacro per l'Islam. Sia il presidente americano, sia il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, spiegano che la palla è nel campo degli ex padroni della Striscia, da cui si attende una risposta sulla bozza di intesa che prevede sei settimane di tregua e il rilascio dei primi 40 ostaggi su 130: «Sta ad Hamas decidere se impegnarsi in un cessate il fuoco immediato». Gli israeliani sono stati «cooperativi», aggiunge Biden, precisando che è stata avanzata una proposta «ragionevole».
Il nervosismo americano per una guerra che va avanti da 152 giorni, che avrebbe già fatto oltre 30mila vittime e sta affamando i palestinesi, cresce ogni giorno di più. Il capo della diplomazia statunitense ha incontrato a Washington, prima della sua partenza per Londra, Benny Gantz, il leader centrista ieri all'opposizione e oggi nel Gabinetto di guerra israeliano, che è considerato nei sondaggi la migliore alternativa al primo ministro Benjamin Netanyahu. Ma le speranze di arrivare a una sospensione dei combattimenti prima del 10 o 11 marzo, inizio di Ramadan, si infrangono di fronte alle dichiarazioni di Osama Hamdam, leader di Hamas in Libano, secondo cui i miliziani avrebbero risposto alla proposta di accordo insistendo con la richiesta di un cessate il fuoco permanente e di un completo ritiro dei soldati israeliani dalla Striscia come condizioni per poter liberare gli ostaggi, entrambe ritenute irricevibili da Israele. «Non permetteremo che la via dei negoziati sia aperta indefinitamente mentre proseguono l'aggressione e la carestia organizzata contro il nostro popolo», avverte Hamdam.
Non c'è solo l'urgenza di interrompere la guerra, in modo da fermare la scia di sangue e far arrivare maggiori aiuti ai civili di Gaza. Negli Stati Uniti e nelle cancellerie internazionali cresce la preoccupazione per un conflitto che rischia di estendersi, come dimostrano gli attacchi dei ribelli yemeniti Houthi contro le navi nel Mar Rosso e dei libanesi di Hezbollah contro il nord di Israele. Dopo l'uccisione di un civile il giorno prima, ieri un razzo ha colpito la località israeliana di Kiryat Shmona, senza provocare vittime, mentre tre civili libanesi sono morti in un bombardamento israeliano contro una casa nella città libanese di Hula, lungo il confine. Il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha ribadito all'inviato speciale americano nella regione, Amos Hochstein, che i ripetuti attacchi di Hezbollah «stanno avvicinando Israele alla decisione di un'azione militare in Libano». In un documento interno, indirizzato ai vertici politici, militari e di intelligence, visionato dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, il ministro ha anche messo in guardia contro un'escalation in Cisgiordania durante il Ramadan. Un innalzamento della tensione è stato già minacciato dal leader di Hamas in Libano, che ha invitato i palestinesi a insorgere contro lo Stato ebraico nel mese sacro.
Per gettare acqua sul fuoco, Netanyahu si è impegnato a garantire la libertà di culto durante il Ramadan e a non imporre nuove restrizioni all'ingresso nella moschea di Al Aqsa di Gerusalemme, dove sarà ammesso «lo stesso numero di fedeli degli anni precedenti» durante la prima settimana di Ramadan.
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