Sono passati 8 lunghi anni dal "golpe finanziario" del 2011 contro il governo guidato all'epoca da Silvio Berlusconi. A 8 anni di distanza, l'ex ministro Giulio Tremonti, in un editoriale firmato su Italia Oggi sul tema delle clausole Iva, torna sulla "lettera della Bce" inviata il 5 agosto 2011 al governo di allora: un vero e proprio ricatto contro un governo democraticamente eletto. "Il 5 agosto del 2011 la Bce inviò al Governo della Repubblica Italiana una lettera Diktat" ricorda Tremonti, sottolineando che il "Decreto di Ferragosto" fu determinato dal ricatto su cui si basava quella lettera. Della serie: se non fate quello che vi 'consigliamo' non compriamo titoli del debito pubblico italiano causandone il default.
L'ex ministro dell'economia ricorda come quel decreto non conteneva alcuna clausola di salvaguardia, che fu introdotta solo a seguito della successiva e strumentale insistenza europea ma "in ogni caso, e questo è il punto essenziale, la clausola così introdotta era totalmente priva di valore giuridico non producendo effetti vincolanti e specifici (come è invece stato dopo per le altre e vere clausole) esaurendosi nella forma di un impegno politico-programmatico. Impegno che tra l'altro era a sua volta subordinato all'ipotesi del non verificarsi degli effetti della manovra impostata dal Governo italiano".
Giulio Tremonti, nel ripercorrere quei mesi estremamente travagliati e complessi per il nostro Paese, afferma che il piano vincolante sull'Iva, caduto il governo Berlusconi, fu operato dal Governo Monti che per primo introdusse il tipo di clausola che poi è stato sviluppato nel corso degli anni. Altre volte, sottolinea Tremonti, "è stato evidenziato il movente della citata lettera del 5 agosto: in crisi non era l'Italia, ma erano le banche tedesche e francesi creditrici della Grecia. Quando il Governo italiano si oppose all'uso del Fondo Salva Stati per salvare quelle banche si scatenarono gli spread e poi l'azione che ha infine portato alle gesta della Troika in Grecia". Un vero e proprio bluff ai danni dell'Italia.
Nel 2014, in tempi non sospetti, Il Giornale raccontava il "golpe" contro Silvio Berlusconi del 2011. Un "complotto" - termine sintetico per indicare la convergenza di diversi soggetti - che passò anche dalle agenzie di rating: furono gli arbitri indiscussi della finanza internazionale a dare il colpo di grazia al sistema Italia. Nel dicembre 2017, anche l'ex premier Romano Prodi ammise che contro Berlusconi si consumò un golpe finanziario: "La mia sensazione - raccontò Prodi a lex direttore del Sole24Ore Roberto Napoletano - è che questa volta i mercati vogliano far pagare a Berlusconi anche la posizione italiana a favore di Putin, di Gheddafi e della stabilità iraniana. Si tratta di una scelta di campo giusta per tutelare l'interesse nazionale e io la condivido, ma ha scatenato le mire francesi sulla Libia, l'interesse tedesco per la partnership con i russi che ci danneggia, l'insofferenza americana per un'alleanza storica che reputano tradita. Purtroppo è un dato di fatto che, alla fine, l'errore della guerra della Libia lo paghiamo noi".
Giornata chiave fu il 5 febbraio 2011: nella capitale russa, il consigliere del Cremlino Sergei Prikhodko annuncia l'arrivo a Roma del presidente Dmitry Medvedev per la firma di uno storico contratto con l'Eni, destinato ad aprire le porte della Libia al gigante del petrolio russo Gazprom.
A Milano, nelle stesse ore, il giudice per le indagini preliminari Cristina Di Censo deposita il rinvio a giudizio per gli imputati del processo Ruby. A Bengasi, invece, scoppiano i disordini che spingeranno la Nato all'intervento militare e all'eliminazione di Gheddafi. Per l'Italia il 2011 rappresentò una sconfitta su tutti i fronti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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