"Un miracolo senza numero 0 e grazie a 10 comandamenti"

Dall'esordio con Mentana fino alla lunga era Mimun Storia del notiziario Mediaset, "che partì nel caos..."

"Un miracolo senza numero 0 e grazie a 10 comandamenti"

«Una simpaticissima situazione, voi potete benissimo immaginare». Quei minuti da riempire in onda, in attesa di lanciare un servizio che non arriva, quello sull'omicidio di Genova, valevano già tutto Enrico Mentana e la sua formidabile tagliola lessicale. A chiunque altro sarebbero salite onde di panico nel petto. «Ancora un attimo... Sentiamo la regia... D'altronde il nostro è un telegiornale neonato e questa prima edizione delle 20 non poteva che iniziare con l'attesa di un servizio...». La cornetta bianca del telefono interno, gli occhiali sistemati compulsivamente, una montagna di riccioli e il disagio raschiato in gola. Non arrivò il servizio sul giallo di Genova, bensì quello sull'omicidio di Firenze. Ma in quel momento lui, Mentana, e Mediaset, e lo studio Palatino «in» Roma, erano dentro, nel centro pieno, di qualcosa di grande e gli imprevisti, valevano l'avventura. Era il 13 gennaio 1992. Ed erano le 20 perché chi gioca nella serie A dei tiggì, gioca alle 20. Bisognava fare ciò che nessuno osava fare: andare contro la corazzata del Tg1 in prima serata, e contro quella del Tg2 all'ora di pranzo. E per questo c'era Silvio Berlusconi. Che lo spiegò bene «ai suoi», ancora prima di cominciare, conquistandoli col suo seducente progetto: se facciamo un notiziario, bisogna sfidare i grossi notiziari. Si andò a piazzare proprio dove tutti gli altri scappavano. E, complice la legge Mammì che aveva appena consentito le trasmissioni in diretta anche per le emittenti private, pretendo in cambio uno spazio di informazione, Berlusconi catapultò sugli schermi il suo Tg5 e l'Italia in avanti di vent'anni. Le sigle, i colori, le luci, i titoli di cronaca, il pastone politico snello, il linguaggio diretto. «Informare senza annoiare» sintetizzò poi Clemente J. Mimun, uno dei direttori più longevi della testata Mediaset (gli altri sono stati Mentana e Carlo Rossella), nonché attuale direttore. Quindi la formazione: Mentana, Parodi, Buonamici. Crederci per essere credibili. Enrico alle 20, Cristina alle 13, Cesara a mezzanotte. E gli spettatori in poltrona, impazienti e inchiodati allo schermo da piccole fitte di aspettativa: era finita la routine della solita tv. Salpava il notiziario dell'ammiraglia Mediaset e presto speronò il servizio pubblico in termini di ascolto e popolarità. Andò a prendersi il target pregiato, assieme alla legittimazione sociale, alla cittadinanza sociale che solo una tv munita di informazione può avere. E che informazione. Scoop, interviste, copertura «totale». Con l'estetica berlusconiana perfettamente incarnata dagli Sposini, dalle Parodi, dalle Buonamici... Dinamica, solare, vincente. Il Tg5 entrava nelle case così: attraente benchè severo. Crescere, senza invecchiare fino ad arrivare ad essere «istituzionali» è stato il mantra del nuovo tg. Improsciuttato tra il quiz della sera e l'access prime time di Striscia la Notizia e dei suoi mostruosi ascolti. «Oggi il Tg5 compie trent'anni ed è riconosciuto come il punto di riferimento assoluto dell'informazione italiana» commenta con orgoglio Pier Silvio Berlusconi.

E Mimun ripercorre la storia della sua creatura «libera e agile»: «Ricordo perfettamente quel primo giorno. Mentana si esibì in uno slalom nello studio perché i pezzi non si trovavano. Pensavamo che sarebbe stato un disastro e invece il giorno dopo scoprimmo che con più di sette milioni avevamo battuto il Tg1. Mentana ci convocò in casa sua. C'eravamo Lamberto Sposini ed io. Prese un foglio giallo, lo infilò nella macchina da scrivere e scrisse i dieci comandamenti del tg da mandare a Berlusconi. Il tutto tra caffè e risate. Andammo in onda senza aver mai fatto un numero zero». Se lo ricorda bene anche Mentana, infatti: «È come una bellissima casa che si è costruita. Poi, come succede nella vita, si cambia casa, ma resta il bellissimo ricordo di averla edificata, lanciata, di averci vissuto a lungo».

L'intervista di Mentana al piccolo Farouk Kassam nello speciale delle 22, quella di Sposini al giudice Paolo Borsellino, o lo stesso Sposini che sbrana un pollo in diretta durante la psicosi per l'influenza aviaria... «Un telegiornale meno paludato rispetto a quello della televisione di Stato, con un carattere più informale, pronto a dare più spazio alla cronaca.

Ma anche a caccia di scoop e rigoroso nel racconto delle crisi del tempo, come ad esempio quella di Tangentopoli», è così che lo descrive Emilio Carelli che nel 1992 ha partecipato alla fondazione della testata Mediaset.

Lui e tutta quella squadra di giovani adulti che «fecero l'impresa».

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