Una trattativa lunga e delicata. E che per giorni si muove su un doppio binario. Il primo è quello della diplomazia, gestito direttamente e in solitaria da Giorgia Meloni. Il secondo è quello dell'intelligence, coordinato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e con in prima linea l'Aise, il servizio di sicurezza estero guidato Gianni Caravelli (volato a Teheran con l'aereo di Stato che ha recuperato Cecilia Sala). Ma la chiave di volta di un intreccio diplomatico e geopolitico che avrebbe potuto arenarsi per settimane è stata la triangolazione niente affatto scontata che è riuscita a mettere in campo la premier. Che proprio nei giorni di una delicatissima transizione ai vertici dell'amministrazione americana - a Washington fervono i preparativi per l'inauguration day del 20 gennaio, con Donald Trump che entrerà formalmente in carica alla Casa Bianca al posto di Joe Biden - è riuscita a interfacciarsi con tutti gli attori in campo.
La liberazione della giornalista italiana del Foglio e Chora Media, non è un mistero, era legata a doppio filo alle sorti di Mohammad Abedini Najafabani, l'ingegnere iraniano arrestato lo scorso 16 dicembre a Malpensa su input degli Stati Uniti, che ne chiedono l'estradizione con l'accusa di terrorismo e cospirazione. Insomma, impossibile muoversi senza un'intesa con Washington. Che Meloni è riuscita a portare a casa «triangolando» Biden e Trump, il passato e il futuro degli Stati Uniti. Che, non è un dettaglio, tra loro non solo sono distanti anni luce, ma pure in pessimi rapporti.
Dall'amministrazione americana uscente, invece, Meloni ha ottenuto un sostanziale via libera a muoversi liberamente con il futuro inquilino della Casa Bianca. Con un Biden che non ha fatto obiezioni («il mio tempo è scaduto») anche in nome di un rapporto di fiducia reciproco costruito in questi anni. E che proprio stasera atterrerà a Roma per il suo ultimo viaggio all'estero da presidente in carica degli Stati Uniti. Incontrerà il Papa, vedrà Sergio Mattarella e sabato alle 14.45 avrà un faccia a faccia con Meloni a Villa Doria Pamphilj («la ringrazierà per la sua forte leadership del G7 e il suo sostegno all'Ucraina», spiega il consigliere per la sicurezza nazionale americana John Kirby). Poi, nella cerimonia a Capitol Hill del 20 dicembre, Biden passerà le consegne a Trump. Con cui Meloni è riuscita a portare a casa un'intesa nel suo blitz a Mar-a-lago, la residenza in Florida del tycoon dove la premier è atterrata a sorpresa sabato notte. Una visita lampo, in cui Meloni ottiene il via libera di Trump a sbloccare la trattativa. Washington, insomma, non si metterà di traverso. E questa è la svolta che cambia tutto.
Nei giorni seguenti si infittiscono i contatti a livello di intelligence e già martedì sera a Palazzo Chigi c'è chi non nasconde un cauto ottimismo. Per tutta la notte si seguono gli aggiornamenti che arrivano dall'Aise, fino a quando ieri mattina l'aereo con a bordo Sala non decolla da Teheran.
C'è il sollievo umano e personale per la giornalista italiana, certo. Ma pure la soddisfazione per un risultato politico-diplomatico che Meloni porta a casa in tempi strettissimi e nonostante le fibrillazioni per l'addio di Elisabetta Belloni al Dis. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello della Difesa Guido Crosetto elogiano l'azione della premier e, come è giusto che sia, ci tengono a dire che quella di Abedini è «un'altra vicenda». Ovviamente non è così. E nei prossimi giorni - entro il 20 gennaio - l'ingegnere dei droni vicino ai Pasdaran dovrebbe essere rilasciato.
Un dettaglio, perché l'obiettivo prioritario era riportare a casa Sala. Meloni l'accoglie al suo arrivo all'aereoporto militare di Ciampino. «Sei stata forte e brava», le dice abbracciandola. La giornalista, come da accordi tra il governo italiano e Teheran, non fa alcun riferimento pubblico né alle condizioni di detenzione, né al regime iraniano. Poi la premier parla anche al Tg1: «La sua liberazione è stata un bel gioco di squadra».
Quello che non dice è la soddisfazione per aver risolto un groviglio che sembrava destinato a durare settimane.
Tanto che ai piani alti di Palazzo Chigi c'è chi non esita a sottolineare come la priorità di Meloni sia stata l'interesse nazionale: «Altro che cheerleader di Trump come malignamente sostiene qualcuno nell'opposizione, la premier mette sempre l'Italia davanti a tutto».
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