Un doppio pasticcio: politico e giuridico. «Secondo me - spiega Carlo Nordio, uno dei più noti magistrati italiani, a lungo procuratore aggiunto a Venezia e oggi in pensione - il tribunale dei ministri ha commesso un grave errore e il Senato ha agito con dilettantismo, pensando di consegnare la testa di Salvini su un piatto d'argento ai giudici, ma non si è accorto che così metteva a rischio pure il premier Conte».
Un attimo, dottor Nordio: quale sarebbe l'errore del tribunale dei ministri?
«Insistere nel voler inseguire un presunto reato commesso dall'ex titolare del Viminale».
Invece?
«È evidente che siamo nella sfera della discrezionalità politica. In ogni caso è facilmente intuibile che non può essere reato, addirittura un sequestro di persona, l'aver impedito ad un gruppo di migranti di scendere da una nave per alcuni giorni quando il capo del governo ha impedito a sessanta milioni di italiani di uscire di casa per due mesi».
La procura ha chiesto ancora l'archiviazione per Salvini. Giusto?
«Comportamento impeccabile. La riprova che l'accusa è debolissima, anzi per me inesistente e non aveva senso infilarsi in questo vicolo cieco».
Questa vicenda porterà consensi al leader della Lega?
«Per ora getta discredito sui senatori che hanno strumentalizzato il caso seguendo la convenienza del momento: sì all'autorizzazione dopo aver detto correttamente no per la Diciotti. Così Palazzo Madama, senza rendersene conto, ha innescato un meccanismo pericoloso».
Ma adesso?
«Il gip ha finalmente messo le carte sul tavolo e vuole sentire i protagonisti di quel braccio di ferro, a cominciare dal premier».
Che cosa chiederà il giudice a Conte?
«Se sapeva quel che stava accadendo».
Conte ha detto che non era d'accordo con Salvini.
«Quindi sapeva».
In questo caso?
«Se c'è un reato, Conte aveva l'obbligo giuridico di impedirlo, ma non l'ha fatto. Quindi il gip dovrebbe passare la notizia al pm che dovrebbe iscrivere Conte nel registro degli indagati e poi girare la palla al Tribunale dei ministri».
Un altro giro di giostra?
«Siamo al contrappasso, frutto dei pasticci precedenti. Siamo su una pista che potrebbe portare di nuovo la magistratura a bussare al Senato per ottenere l'autorizzazione a procedere, ma questa volta contro il capo dell'esecutivo, per concorso in omissione. E questo sulla base dell'articolo 40, secondo comma del codice penale».
Questo se il reato c'è, ma se non c'è?
«È quello che sostiene la magistratura, è quello che penso io e credo qualunque persona di buonsenso».
Il gip potrebbe seguire l'impostazione della procura.
«Certo, è quello che auspico: se il crimine non c'è per Salvini, non ci sarà nemmeno per Conte e gli altri ministri. Il gip potrebbe scrivere una sentenza per spiegare che Salvini non deve essere processato e che questa storia si chiude con l'udienza preliminare».
Finirà davvero così?
«Non saprei. Un fatto è certo: il Senato si è incartato mettendo in moto senza riflettere a sufficienza un procedimento che poi è sfuggito di mano. Potremmo pure avere, dopo tutti i complessi passaggi previsti dal legislatore, un doppio processo a Salvini e al premier che aveva il dovere di fermarlo e non l'ha fatto.
Ma io ritengo più coerente una sentenza che riconosca l'ovvio: la storia della nave Gregoretti non può essere inquadrata come sequestro di persona, ma come scelta politica, condivisibile o meno. Dunque, i magistrati avrebbero dovuto starne alla larga».
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