Trieste, Rifondazione: "Tito liberò la città, ora sloveno in Comune"

Il presidente del consiglio comunale Furlanic: "Meglio spendere per traduttori simultanei dallo sloveno che per inutili targhe per ricordare la fine dell'occupazione jugoslava"

Il Tricolore strappato dalla bora sul municipio di Trieste
Il Tricolore strappato dalla bora sul municipio di Trieste

Il dibattito politico sembra riportarci indietro di decenni: ma quando si parla di storia, a Trieste la discussione si fa sempre calda. Non è quindi difficile immaginare il polverone sollevato del presidente del consiglio comunale, Iztok Furlanic, quando ha accusato il sindaco - il piddì Roberto Cosolini - di impiegare i soldi del bilancio per celebrare "l'inesistente" Liberazione della città dai titini anziché usarli per installare traduttori simultanei dallo sloveno durante le sedute del consiglio da lui presieduto.

In un'intervista al Piccolo Furlanic - eletto nelle file di Rifondazione comunista e laureato in storia contemporanea - sostiene infatti che la Liberazione di Trieste sia stata opera di Tito e che il 12 giugno (1945, data della fine dell'occupazione jugoslava, ndr) sia "una data inesistente".

Parole che, specie nel sessantesimo anniversario del ritorno della città all'Italia, fanno discutere: sui social network si susseguono a migliaia i commenti dei triestini inferociti che ricordano come "i quaranta giorni di Tito furono una barbarie" e citando gli episodi di pulizia etnica a danno degli italiani perpetrati in tutta la regione dalle truppe titine.

Giorni fa, Furlanic si era scagliato contro il sindaco Cosolini, reo di aver bocciato la sua proposta di utilizzare traduttori dallo sloveno per le sedute di consiglio: "Meglio dare quei soldi a una biblioteca slovena", il commento del primo cittadino. "Sul tema dello sloveno ha maggior coraggio il sindaco di Gorizia Romoli (che è di Forza Italia, ndr)", aveva attaccato dal canto suo Furlanic.

Dopo le ultime, infuocate, dichiarazioni del presidente del consiglio comunale le opposizioni hanno presentato una mozione di sfiducia sottoscritta da quindici consiglieri; la proposta di Furlanic riguardo ai traduttori, però, era già stata bocciata da un ampio arco di forze

politiche, da Fratelli d'Italia a Sel, oltre che da un voto dell'aula.

Una crisi politica che spacca la maggioranza di centrosinistra e a stento cela vecchi antagonismi storici che, anche dopo sessant'anni, restano duri a morire.

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