Sicuramente aveva ragione Umberto Eco quando sosteneva che i social network hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino senza danneggiare la collettività. Ma c'è ben altro. Quello che è successo dopo l'attentato Donald Trump rappresenta infatti l'apice del complottismo più becero. Da «l'attentato se l'è organizzato da solo», a «Biden è il mandante», fino alle fake news sull'attentatore, con tanto di nome di un incolpevole italiano che fa il giro del mondo nel giro di un amen. Un delirio che ha coinvolto anche testate autorevoli e personaggi in vista della politica americana. Una disfatta su tutta la linea.
Già dopo pochi istanti dalla partenza del colpo che ha ferito Trump, ha iniziato a circolare di tutto, con quella foga di arrivare inutilmente per primi su una notizia, mischiata alla presunzione di palesare le proprie idee anche se prive di cognizione. Subito, centinaia di account hanno iniziato a parlare di una «false flag operation», ovvero di un'operazione studiata dai sostenitori dello stesso tycoon per dare ancora sprint alla sua compagna e mostrare un candidato più forte di fronte al debole e anziano Biden. Di contro, dall'altra parte, nel team «non ce lo dicono», ecco spuntare proprio Joe Biden e i suoi uomini come mandanti del tentativo di uccidere Trump perché troppo forte nei sondaggi, con tanto di tesi strampalate a sostegno del progetto. Oppure perché i processi contro di lui non stanno dando risultati e allora si passa alle vie di fatto per eliminarlo. Oltre ai soliti «è stata la destra» e «no, è stata la sinistra», ecco ritornare puntuale anche il disegno occulto del «Deep State», lo Stato profondo, che molti chiamano all'italiana «poteri forti», fantomatico gruppo di non meglio precisate persone che controllano gli equilibri mondiali da dietro le quinte.
Tesi, ipotesi e fesserie hanno invaso i social anche sull'identità dell'uomo che ha sparato. In primis trasformando il tutto in speculazione politica, con estremisti di destra pronti a giurare che l'attentatore fosse un estremista di sinistra, «un antifa» convinto. Per poi arrivare all'assurdo. Per qualche ora (poche, ma comunque troppe) l'uomo che ha premuto il grilletto contro Trump è stato per molti Mark Violets, traduzione maccheronica che riconduce all'ignaro italiano Marco Violi, la cui foto ha fatto il giro del mondo benchè fosse a migliaia di chilometri di distanza, a Roma, ignaro di quello che stesse accadendo. Colpa di un account social Che ha diffuso la notizia che lui, giornalista pubblicista che si occupa di calcio e più specificatamente della Roma, fosse l'autore materiale dell'attentato. Una bugia, la più classica delle fake news, diffusa quasi per burla e diventata virale, sui social m anche sui media d'oltreoceano. L'origine sarebbe una sorta di vendetta contro Violi da parte di tifosi non concordi con la sua linea di pensiero. «Mi hanno preso di mira, sono venuti anche sotto casa mia. Ho già denunciato tutto e sporgerò denuncia contro tutti quelli che hanno inventato queste false notizie e contro chi le ha diffuse», racconta via social la vittima.
Ma quel che è ancora più assurdo è che il giorno dopo sullo stesso account da cui ha diffuso la menzogna, il cui nome è tutto un programma (moussolinho), non solo rivendichi la bufala ma se ne vanti, ignorando completamente di aver messo alla berlina una persona che nulla centrava. Complice anche la celebrazione della sua comunità social che inspiegabilmente lo esalta e lo idolatra per aver messo in ridicolo il mondo, dei social e dell'informazione. E la cosa più triste è che, questo, non è del tutto falso.
Perché se a condividere la prima fesseria che si trova sui social è «fragolina84», pazienza. Ma se a prendere per buona qualunque porcheria che viene scritta da chiunque, sono anche media e vip o presunti tali, allora abbiamo un problema. Che va ben oltre quel che diceva Umberto Eco.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.