Il ministro della Giustizia, il grillino Alfonso Bonafede, che fino ad oggi si era distinto per evidenti lacune e lampanti demeriti, tentando, con tutte le sue forze, di dare il colpo di grazia al sistema giudiziario italiano, già difettoso e mal funzionante, ha raggiunto il massimo del suo profitto diventando la vittima ideale di se stesso e delle sue strategie distruttive.
Dall’inizio del suo mandato, ormai quasi due anni fa, Bonafede ha utilizzato le dichiarazioni dei magistrati come una spada da brandire contro gli avversari politici, interpretando la lotta alla criminalità organizzata come uno strumento di persecuzione ossessiva nei confronti dei sindaci, degli amministratori locali, dei rappresentanti degli altri partiti, colpevoli già dalla nascita, macchiati dal peccato originale di non essere iscritti all’unico puro tra i puri, il Movimento 5 Stelle, e per questo, obbligatoriamente sospettati di essere corrotti, ladri, delinquenti in odor di mafia!
La lotta alle mafie è una cosa seria e sembra che Bonafede abbia perso per strada la sua mission, rigettando sempre le responsabilità per le gravi mancanze del suo Ministero: non era affar suo pensare alla scarcerazione dei boss, al sovraffollamento delle carceri, alla mancata fornitura dei braccialetti elettronici, agli organici sottodimensionati degli agenti di polizia penitenziaria.
Per tutto questo e per molto altro, “Bonafede non pervenuto”. La canonizzazione del suo Ministero si è celebrata ed esaurita con lo sfoggio della devozione nei confronti di quei pm che hanno sfilato nelle passerelle delle kermesse grilline.
Ma il Guardasigilli non aveva compreso che quei magistrati non si erano consacrati all’ordine pentastellato, ma avevano trovato semplicemente una forza governativa asservita e disposta ad eseguire gli ordini, senza obiezioni e senza troppe domande.
Lo shock traumatico delle accuse di Nino Di Matteo dovrebbe insegnare una
volta per tutte a Bonafede e ai suoi seguaci che fare i lobbisti dei magistrati non rende né puri, né santi, e che chi di pm ferisce, prima o poi, di pm perisce.*Matilde Siracusano, Deputata di Forza Italia
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