L'esercito di innocenti spediti in carcere e poi assolti

Troppi magistrati hanno la custodia facile. Misure ingiuste per il 10% degli arrestati. Il dato della privazione della libertà riguarda il 2023

L'esercito di innocenti spediti in carcere e poi assolti
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Nella torta della malagiustizia, c'è una fetta che difficilmente trova posto in vetrina: è quella delle persone private ingiustamente della propria libertà. Non finiscono nelle statistiche, se non avvolte tra righe indecifrabili o affiorate grazie a equazioni e calcoli matematici, eppure ci sono. E se ci sono è per colpa di magistrati, soprattutto giudici per le indagini preliminari, che fanno uso delle misure coercitive in maniera quanto meno eccessiva.

Nel 2023 ci sono state 44.495 misure cautelari custodiali, cioè carcere e arresti domiciliari. E sapete su quanti di questi casi le vittime sono poi risultate assolte o prosciolte? 4500, praticamente il 10%, non proprio numeri da sottovalutare. Inoltre, a questa percentuale, come spiega bene l'avvocato Riccardo Radi, «bisogna aggiungere la percentuale del 14,5% relativa alle misure emesse in un procedimento che ha poi avuto come esito la condanna (definitiva o non definitiva) con sospensione condizionale della pena e quindi in contrasto con quanto previsto dall'art. 275 comma 2 bis secondo cui «non può essere applicata la misura cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena».

Cosa significa? Che andrebbero aggiunte al conteggio altre 6452 persone che non avrebbero dovuto entrare in cella né finire nella gabbia dei domiciliari. Insomma, così facendo, l'abuso della limitazione della libertà da parte dei giudici raggiunge la percentuale del 24,5% pari a 10.952 persone. Soltanto nel 2023. Un esercito di vittime di malagiustizia, soprattutto a Napoli il cui tribunale detiene il record di custodia cautelare in carcere con il 51,1% rispetto al 34% di Milano, al 32% di Torino e al 26% di Roma.

Neanche due mesi fa, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, nello spiegare i punti della sua riforma in una intervista sulle pagine di questo Giornale, rivelava: «Oltre il 10% degli arrestati dal Gip viene liberato dal tribunale del Riesame, e altrettanti vedono modificata la misura di detenzione. Significa che ogni anno migliaia di persone vengono mandate in prigione senza motivo: la nostra riforma che devolve a un collegio di tre giudici la competenza ad emettere il provvedimento cautelare, da un lato eviterà molti di questi errori e dall'altro dissuaderà molti pm a chiedere misure che potrebbero essere respinte. Saranno evitate sofferenze inutili e anche il sovraffollamento carcerario sarà ridotto».

D'altronde, che il problema non sia cosa da poco ne è prova il fatto che l'Italia è il quinto Paese dell'Unione Europea con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare: il 31%.

Il tutto alla faccia della Costituzione e della presunzione di non colpevolezza e nonostante i giudici dovrebbero ricorrere alla carcerazione preventiva soltanto nei casi di assoluta eccezionalità, con obbligo di accurata motivazione e con l'onere di privilegiare la forma di restrizione meno afflittiva.

Ma d'altronde, come ha sintetizzato Gian Domenico Caiazza, ex presidente dell'Unione delle Camere Penali Italiane: «Una indagine penale senza l'arrestato è acqua fresca che scorre sulla pietra».

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