Ubriaco. Tanto da essere fermato al gate, all'aeroporto parigino di Roissy. Tanto da essere allontanato dal gate accompagnato dalla polizia aeroportuale. Tanto da vedersi vietare l'imbarco sull'aereo in quelle condizioni di visibile ebbrezza.
C'era una volta l'eroe Antonio Ingroia, una delle toghe più celebri d'Italia, l'ex pm della trattativa Stato-mafia e poi il politico franato dietro la sua ambizione di fare il premier e di farsi pure un partito in proprio, con percentuali da prefisso telefonico. Per lui, sempre alla ribalta come paladino della giustizia e della lotta alla mafia, tornare sotto i riflettori come un turista italiano un po' sventato fermato all'aeroporto francese in stato di ubriachezza, è forse il modo peggiore per ritornare su siti e giornali. E invece. E invece questo è proprio quello che è accaduto a lui, ora avvocato semplice Antonio Ingroia. A dare la notizia da Parigi, Repubblica. Il fattaccio venerdì scorso, il volo, da Roissy, era quello di rientro in Italia. «Il personale della compagnia aerea ha dovuto chiamare gli agenti aeroportuali perché l'ex magistrato antimafia era visibilmente in stato di ebbrezza», scrive Anaïs Ginori. Tradotto, troppo ubriaco per volare, perché chi è in stato visibile di ebrezza su un aereo può essere un pericolo per sé ma pure per gli altri passeggeri, e quindi non può essere ammesso, è una questione di sicurezza. Di qui lo stop. L'ex magistrato, vistosi bloccato, non avrebbe protestato. Docile, o probabilmente non in condizioni di disobbedire visto lo stato di alterazione legato all'alcol, avrebbe seguito gli agenti in un'ala riservata dell'aeroporto. Tornato in sé dopo qualche ora, è stato riprotetto su un altro volo. Della vicenda è stato comunque informato il consolato italiano a Parigi.
Un episodio incredibile, che immediatamente ha fatto anche il giro del web. Con tanta ironia e battute al vetriolo. Fino a quando ha indossato la toga, Ingroia era abituato a stare in primo piano solo per ragioni positive. Lui, pm antimafia più celebre d'Italia, il grande architetto del castello trattativa Stato-mafia ancora in piedi (solo un anno fa si è concluso il processo di primo grado), era l'eroe di giustizialisti e forcaioli. Era il «paladino della Costituzione», sua autodefinizione di fronte a chi contestava la sua presenza, da toga, a manifestazioni politiche, ovviamente di stra-sinistra. Poi la caduta, rovinosa. Via la toga (cacciato dal Csm per assenteismo perché ad Aosta, scelta come sua sede, aveva preso servizio ma non era mai più tornato), via la politica (le sue avventure elettorali con Rivoluzione civile, poi Azione civile, i suoi partiti sono finite nel peggiore dei modi). Persino guai giudiziari, sì, proprio lui. Perché secondo tradizione dei politici trombati, nel 2012 aveva trovato asilo nella giunta siciliana guidata da Rosario Crocetta, in una partecipata. E lì i suoi ex colleghi della Procura, e anche la Corte dei conti, non hanno mancato di fargli le pulci, anche per spese discutibili, come gli alberghi di lusso per le «trasferte» a Palermo da amministratore unico di Sicilia e-servizi.
C'era una volta, l'eroe Antonio Ingroia. Il teorico perenne del complotto (contro di lui, ça va sans dire), il fustigatore dei «poteri forti» (grillino ante litteram?) che tramano contro di lui. Chissà se c'entrano i «poteri forti» anche nella sbronza che gli ha impedito di partire da Parigi.
La sua versione su questa figuraccia, forse prossimamente. Ieri abbiamo provato ripetutamente, a contattarlo. Ma il telefono era spento. E muti, tutti, i suoi profili social. Li ama i riflettori, l'ormai ex eroe Ingroia. Ma sicuramente, questa volta, li avrebbe evitati.
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