Una storia cominciata male, anzi forse nemmeno mai iniziata, ma finita peggio. Torbida, sporca, assassina. Squallida in ogni piega. Lei l'insegnante di sostegno, donna matura ma ingenua, tanto anonima quanto desiderosa di un sogno a cuoricini; lui lo studente efebo, non si capisce quanto gay, «cosplay» o cos'altro ancora che la fa innamorare. Un amore fasullo, truffaldino e dietro un terzo personaggio, dai mille lati oscuri, lui sì omosessuale, non si è mai capito quanto «padrone» o quanto «servo» del ragazzino. Sullo sfondo di queste esistenze apparentemente anonime, di certo sordide, un quarto personaggio ancora indecifrabile. Catarina Abbattista, la madre di Gabriele Defilippi, assassino dell'insegnante insieme all'amico 53enne Roberto Obert.
Tutto cominciò con una truffa: 187mila euro che la vittima, Gloria Rosboch, aveva consegnato al ragazzo per il «loro progetto di vita insieme all'estero». Si fidava, pensava fosse l'inizio di una vita felice, anche se lui aveva la metà dei suoi anni e un po' si vestiva da donna, fotografandosi in pose allucinate - forse per compiacere Obert - e un po' si ubriacava davanti alla fidanzata Sofia.
Una sera a lei confidò di avere paura di «passare tre anni in galera» per quei soldi rubati e che l'insegnante, ormai disincanta, gli chiedeva indietro. «Dobbiamo farla sparire, anche mia mamma sa tutto», avrebbe confidato alla ragazza. In effetti Gloria Rosboch scomparve da casa e lavoro. Si era a Castellamonte, gennaio 2016. La ritrovarono un mese dopo strangolata e gettata nella vasca di scolo di una discarica. Fu Obert a crollare e a confessare.
Ieri il giudice di Ivrea, Alessandro Scialabba, a Gabriele Deflippi di anni ne ha affibbiati non tre ma trenta (rito abbreviato e quindi sconto), 19 al complice Obert. Il giudice ha, inoltre, accolto la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali di Efisia Rossignoli, amica del giovane dai mille volti, che partecipò alla truffa telefonica ai danni della vittima, rinviando contemporaneamente a giudizio Caterina Abbattista, la madre di Gabriele che si è sempre dichiarata innocente e ha scelto il rito ordinario. La prima udienza per lei è fissata il prossimo 17 ottobre.
L'anziana madre della Rosboch, la prima a sentire il lutto nell'anima e a denunciarlo alle autorità quando ancora la cercavano - «non vedrò più mia figlia, qualcuno l'ha uccisa», disse anche davanti alle telecamere - non è soddisfatta per la sentenza. Non urla Marisa, ma le sue parole tuonano: «Per me trent'anni sono pochi, perché lui ha meditato.
Potevano essere trent'anni se avesse adoperato la pistola e sparato un colpo velocemente, ma lui non l'ha fatto. Ha comperato la corda, gliel'ha messa al collo e poi l'ha strozzata. Qui ci vuole coraggio. Non si è trattato di un raptus. Io per non vederlo oggi mi sono messa gli occhiali». Difficile darle torto.
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