nostro inviato a Washington
La testa bionda di Giorgia Meloni fa capolino nella rotonda di Capitol Hill proprio sotto la statua di Abrahm Lincoln. Tailleur diplomatico blu scuro, camicia bianca e trucco leggero, la premier italiana è seduta accanto al presidente argentino Javier Milei e a poca distanza dal presidente dell'Ecuador Daniel Noboa. Sono loro insieme al vicepresidente cinese Han Zheng - gli unici capi di Stato e di governo stranieri che prendono parte alla cerimonia di insediamento di Donald Trump. Una presenza che Meloni ha fortemente voluto, nonostante i dubbi di una parte della diplomazia italiana, perché ha spiegato ieri mattina «penso che sia estremamente importante per una nazione come l'Italia dare una testimonianza della volontà di continuare e rafforzare il rapporto con gli Stati Uniti», peraltro «in un tempo in cui le sfide globali sono interconnesse».
Una giornata, quella dell'inaugurazione, che inizia con la preghiera nella chiesa episcopale di St John's, a pochi passi dalla Casa Bianca. In prima fila c'è ovviamente Trump, più indietro si accomoda anche Meloni, che arriva poco prima del patron di Tesla Elon Musk. La premier segue la funzione, al termine della quale incrocia il presidente eletto. Una stretta di mano e un saluto veloce, con Trump che ringrazia la premier italiana per la sua presenza. Poi Meloni si sposta al Campidoglio per la cerimonia del giuramento. Sono le 12.02 americane le 18.02 in Italia quando, mano sulla Bibbia, l'ex tycoon scandisce la formula del giuramento. Comincia, anzi ricomincia, l'era Trump. Meloni si unisce all'applauso della platea, mentre le immagini che rimbalzano su Fox news la immortalano di tanto in tanto che conversa fitta con Milei, il leader argentino turbo-liberista.
Nella sua giornata americana - conclusasi con una pausa al Cafe Milano di Georgetown prima di ripartire per Roma - Meloni incrocia anche Musk, Michael Waltz, consigliere per la Sicurezza nazionale, e Marco Rubio, il nuovo segretario di Stato. Ed è proprio con il successore di Antony Blinken che la premier ha un lungo colloquio.
Una visita lampo, quella di Meloni. Il cui senso sta proprio nella sua presenza a Washington, un messaggio politico chiaro. Perché, confida ai suoi la leader di Fdi, «oggi l'importante era esserci». Prima di ripartire, la premier ha fatto gli auguri di buon lavoro al nuovo presidente. «Sono certa che l'amicizia tra le nostre nazioni e i valori che ci uniscono - ha scritto su X - continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e Usa». «L'Italia - aggiunge Meloni - sarà sempre impegnata nel consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità». Un risposta a chi ha polemizzato sulla sua presenza all'inauguration day. E la conferma che la premier vuole provarsi a porre come «ponte» tra Ue e Stati Uniti. Perché, spiega il capo-delegazione di Fdi-Ecr, Carlo Fidanza, «Giorgia è ormai riconosciuta da tutti come l'interlocutrice privilegiata di Trump in Europa».
Certo, tenere aperto un canale tra Washington e Bruxelles non è impresa priva di incognite, soprattutto sul fronte economico. Ieri, nel suo discorso di insediamento, Trump ha confermato l'intenzione di «imporre dazi sui Paesi stranieri».
E l'Italia rischia di essere uno dei Paesi dell'Ue più penalizzati da un simile scenario, basti sapere che nel solo 2024 gli scambi commerciali tra Stati Uniti e Italia hanno superato i 60 miliardi di euro. Non a caso, sia a Bruxelles che ai piani alti di Palazzo Chigi sono ben consapevoli di quanto delicata e rischiosa possa essere questa partita.
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