Dopo avere esaurito ogni possibile appiglio legale per rinviarne la data d'inizio o archiviare del tutto il procedimento, Donald Trump ha dovuto arrendersi. Domani in un'aula iperblindata del tribunale di Lower Manhattan, inizierà lo «storico» processo per la vicenda dei pagamenti in nero alla pornostar Stormy Daniels. È la prima volta, nella storia degli Stati Uniti, che un ex presidente viene messo sotto accusa in un procedimento penale.
Il grande nemico di Trump è il procuratore di Manhattan Alvin Bragg, l'unico che finora è riuscito a superare il muro di mozioni e appelli messo in piedi dai legali del tycoon e a portare il suo caso a giudizio. Gli altri tre processi penali di Trump - a Washington per l'insurrezione del 6 gennaio, in Florida per i documenti top secret e in Georgia per le interferenze nel voto 2020 - non hanno ancora una data di inizio e potrebbero slittare a dopo le elezioni presidenziali di novembre.
Bragg, in 34 capi d'accusa, sostiene che Trump abbia pagato, attraverso il suo ex faccendiere Michael Cohen, 130mila dollari alla Daniels, che alla vigilia del voto 2016 minacciava di rivelare i dettagli di un loro passato incontro sessuale. Per farlo, il tycoon avrebbe falsificato la contabilità delle sue aziende e violato le leggi elettorali. «Non è un processo, è una truffa», ha ripetuto Trump venerdì parlando a Mar-a-Lago, dopo avere incontrato lo speaker della Camera Mike Johnson. Il tycoon si è detto pronto a testimoniare in aula: «Lo farei». Ma è improbabile che accada, perché sarebbe costretto a rispondere sotto giuramento a domande probabilmente imbarazzanti, magari in un confronto incrociato con la stessa Daniels e con Cohen, ex uomo di fiducia diventato suo grande accusatore.
Trump sarà presente in aula nei circa due mesi di durata del processo. Secondo quanto rivelato da Axios, la sua campagna conta di sfruttare l'occasione per intensificare i messaggi elettorali, tutti incentrati sulla presunta persecuzione giudiziaria orchestrata dai Democratici. Un ruolo fondamentale lo giocheranno anche le esternazioni di Trump fuori dall'aula (non saranno ammesse telecamere) e i suoi post su Truth. Prima di assistere a tutto questo, andrà prima completato il procedimento di selezione della giuria. «Una questione di fortuna», ha detto Trump, che ha però tentato fino all'ultimo di spostare il processo a Staten Island, unico «borough» newyorchese dove vinse nel 2016 e nel 2020.
In teoria, l'ex presidente potrebbe essere condannato prima del voto del 5 novembre e, sempre in teoria, incarcerato, anche se quest'ultima ipotesi è assai improbabile. Se è vero che il processo Stormy Daniels è il più debole dei procedimenti nei quali è coinvolto il tycoon, è pur vero che per la sua tempistica rischia di essere quello che potrebbe costargli di più.
I sondaggi indicano chiaramente che una condanna farebbe perdere a Trump il consenso di una parte del suo elettorato, in una corsa per la Casa Bianca che si fa sempre più serrata. L'ultima rilevazione del New York Times indica che Joe Biden ha praticamente recuperato il distacco nei confronti del rivale, che ha ora solo un punto di vantaggio: 46 per cento contro 45 per cento.
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