
Gli Usa hanno bloccato la fornitura di intelligence all'Ucraina. E a seguire sono aumentati i dubbi degli alleati che pensano di limitare la collaborazione con gli americani. Un effetto domino che mostra un cambio di interessi tra il mondo europeo e gli Stati Uniti, spiega Andrea Beccaro, docente di Studi Strategici presso il Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell'Esercito.
Che tipo di informazioni condividevano Usa e Ucraina?
«Possiamo immaginare che si tratti di informazioni che arrivano da fonti satellitari e dagli aerei da ricognizione che volano intorno all'Ucraina per controllare comunicazioni, situazione sul campo, spazio aereo e direttrici d'attacco. Servono per operazioni di difesa aerea, come intercettare droni, missili e voli di aerei, ma anche per gli attacchi in profondità. Fin dai primi mesi di guerra i russi si sono trovati di fronte ad attacchi molto precisi, come i raid contro i centri di comando e i successi coi droni navali. Senza quelle informazioni, le armi americane sono pezzi di metallo. Ora l'Ucraina si trova accecata soprattutto sulla profondità del campo di battaglia».
L'iniziativa di Trump fa parte della «normale» diplomazia?
«Di normale c'è ben poco. Ma dobbiamo sottolineare che Trump da mesi dice di voler chiudere il conflitto. Credo sperasse in una maggiore collaborazione ucraina, ma non l'ha ottenuta e sta forzando la mano. Visto che gli americani non possono tornare a prendersi gli armamenti tolgono l'unico elemento, le informazioni, che permettono agli ucraini di usare quelle armi».
Pare che diversi alleati degli Usa vogliano interrompere la condivisione di intelligence, cosa c'è dietro questa mossa?
«Ancora non sappiamo se è successo qualcosa, però dall'esperienza passata di Trump sappiamo benissimo che, in diversi meeting di alto livello, ha in maniera un po' scellerata, consapevolmente o meno, condiviso informazioni sensibili con terze parti, quindi può essere che vari attori mettano le mani avanti».
C'è un collegamento con la trattativa con la Russia?
«Il rischio che ci sia qualche fuga di notizie è concreto, ma ricordiamo che alcuni attori non hanno relazioni solo con gli Usa. L'Arabia Saudita, ad esempio, è il ponte che li ha messi in contatto con la Russia».
La fine di questa condivisione che rischi comporta?
«È un grosso tema. Pensiamo al terrorismo, gli americani sono molto presenti in Iraq e Siria, culla del terrorismo islamico. Lì le informazioni ce le hanno loro. A livello globale non ci sarà un problema di reperimento, ma di una situazione simile a quella dell'11 settembre, in cui le informazioni ci sono, ma non le ha chi potrebbe agire».
Questo scenario può compromettere il piano americano di contenimento cinese?
«È uno dei problemi. Ma rovescio il ragionamento. Siamo di fronte a una rottura che Trump vuole per forzare la mano all'Ucraina. Una volta fatto quello, forse si può tornare sui binari di prima, ma è presto per dirlo. Trump viene visto come il male assoluto, ma non è così anche se è problematico come personaggio.
Sta emergendo una diversità di vedute tra mondo europeo e Usa. Ci sono interessi economici, politici e militari che non collimano. È una situazione di cui ci dobbiamo rendere conto, Trump lo sta facendo a modo suo, noi no e questo è molto grave».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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