Uno tsunami elettorale si è abbattuto sul Regno Unito, confermando gli exit poll di giovedì sera: il partito labourista ha ottenuto una schiacciante maggioranza parlamentare, portando a casa 412 seggi contro i 121 del partito conservatore del premier uscente Rishi Sunak. Un ribaltamento che sembrava impossibile non più tardi di 4 anni fa, quando Keir Starmer attuale leader labourista e nuovo primo ministro prese in mano da Jeremy Corbyn le redini di un partito spostatosi troppo a sinistra per essere vincente.
Cambiamento è stato lo slogan, la parola d'ordine della campagna elettorale di Starmer. E davanti all'uscio di Downing Street, subito dopo essere tornato da Buckingham Palace dove ha accettato l'invito del re a formare un nuovo governo, lo ha ribadito nel suo primo discorso al Paese: «Il lavoro di cambiamento comincia ora». Un discorso sobrio, in cui Starmer ha reso omaggio al primo ministro uscente Sunak per essere stato il primo primo ministro di origine asiatica del Regno Unito, elogiandone impegno e dedizione. «Il nostro Paese ha votato per il cambiamento», ha proseguito, riconoscendo il motivo principale della valanga labourista che consegna alla sinistra la più grande maggioranza elettorale dai tempi del primo governo Blair: l'implosione conservatrice, il rigetto del pubblico verso il partito al governo negli ultimi 14 anni.
Due sono stati gli eventi principali che hanno fatto evaporare la fiducia degli inglesi nei Tories: lo scandalo e l'insolenza dei festini a Downing Street durante i mesi di lockdown pandemico; il disastro economico e politico della meteora Liz Truss, che durante i suoi 50 giorni di governo, il più corto della storia del Paese, ha portato il Regno sull'orlo della crisi finanziaria per una politica di tagli alle tasse senza copertura finanziaria. Incompetenza, arroganza, sono i peccati capitali che sono stati imputati ai Tories. Certamente il Labour ha ottenuto un successo strepitoso, certamente ha riconquistato tutti i seggi persi nell'ultima elezione quando le tradizionali roccaforti rosse delle Midlands hanno seguito il pifferaio Johnson. Ma guardando ai votanti complessivi si nota come il Labour abbia ottenuto solo l'1,6% in più rispetto al 2019, il 33,8% di voti totali nel Paese, l'appoggio più contenuto di ogni primo ministro dell'era moderna, tradottosi in +211 seggi grazie al sistema elettorale inglese: il primo classificato nella circoscrizione vince, a tutti gli altri spetta nulla.
I Tories, di contro, hanno perso il 20%, dei voti, trasferitisi principalmente verso Reform Uk, il partito di Farage, che ottiene solo 4 seggi nonostante abbiano ottenuto il voto di oltre 4 milioni di persone, il terzo partito più votato del Paese. Sommando Tories e Reform si ottengono quasi 11 milioni di elettori, contro i 9,6 del Labour. Il che non significa affermare che un centrodestra unito avrebbe vinto, in quanto il voto di protesta dell'elettorato avrebbe potuto riversarsi verso altri partiti. È tuttavia una conferma che la vittoria del Labour è figlia più di un'implosione conservatrice che di un innamoramento del Paese verso la nuova sinistra di Starmer. E la stessa chiave di lettura può essere usata per interpretare i risultati in Scozia, dove i nazionalisti, affossati da scandali, corruzione e mala politica, rimangono con soli 9 seggi, perdendone 38 a favore del Labour.
Travolti dal disastro elettorale molti dei principali esponenti Tories, tra cui la leader ai Comuni Mordaunt, il ministro della difesa Shapps e altri 13 colleghi di governo, la stessa ex premier Truss, che perdono il loro seggio. Un cambiamento era necessario e il Paese lo ha consegnato a Starmer: a lui ora riportare competenza, dedizione, affidabilità al centro della politica.
Anche attraverso il nuovo gabinetto, nominato nel pomeriggio di ieri, dove il ministro dell'economia sarà Rachel Reeves, per anni cancelliere ombra a fianco di Starmer. Una donna, la prima volta nella storia, così come donne saranno il vice primo ministro, Rayner, e il ministro degli Interni, Cooper.
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