Il presidente turco Erdogan lo aveva minacciosamente promesso, e ieri lo ha mantenuto. Mentre le truppe inviate da Damasco cominciavano ad affluire ad Afrin, la provincia siriana al confine con la Turchia che le milizie curde Ypg controllano con crescente difficoltà, l'aviazione turca ha bombardato la strada percorsa dai militari siriani, senza troppo preoccuparsi di colpire anche una zona abitata.
Secondo fonti di Ankara, le bombe hanno costretto i militari siriani a retrocedere. Purtroppo questa modalità inumana di condurre un conflitto è comune a quasi tutti i protagonisti del terribile «tutti contro tutti» in corso in Siria da quando la fine della guerra contro lo «Stato islamico» ha riaperto i numerosi fronti che fanno di quel Paese un tragico teatro bellico a tutto danno delle popolazioni civili.
Lo dimostra quanto sta accadendo da un paio di giorni a Ghouta Est, il sobborgo di Damasco in mano ai ribelli abitato da quasi 400mila civili di fatto intrappolati. Già teatro nel 2013 di uno spaventoso attacco con armi chimiche in cui morirono circa mille persone, vi è ora in corso una violentissima offensiva delle forze di Assad, sostenute attivamente dai russi e dagli iraniani. Un orribile macello di civili che avrebbe già causato la morte di oltre 200 persone, tra i quali una sessantina di bambini. L'Osservatorio siriano per i diritti umani ha denunciato che un raid aereo russo ha colpito per due volte anche un ospedale, quello di Arbin. Ma sarebbe, secondo fonti Onu, solo uno dei sei ospedali colpiti nell'arco di due giorni, tra i quali una clinica per la maternità.
Il responsabile dell'Unicef per il Medio Oriente Geert Cappelaere ha usato parole accorato per denunciare questo crimine di guerra che continua mentre scriviamo: «Non abbiamo più parole per descrivere la sofferenza dei bambini e la nostra indignazione - ha detto il rappresentante dell'agenzia dell'Onu -. Coloro che stanno infliggendo queste sofferenze hanno ancora parole per giustificare i loro atti barbarici?».
Ancor più agghiaccianti le parole di un portavoce della Ong Syria Relief, secondo cui «gli attacchi aerei non si sono fermati neanche per un secondo durante tutta la notte. I bambini non hanno mai provato così tanta paura, soffrono atrocemente la fame e durante la notte si sente continuamente il loro pianto impaurito».
Purtroppo questi resoconti non commuovono nessuno dei capi politici e militari che muovono impassibili pedine di morte sulla scacchiera della Siria.
A Damasco, a Teheran, ad Ankara, a Mosca, a Bagdad, a Washington e a Gerusalemme interessano soltanto i rispettivi «interessi nazionali», e considerano effetti collaterali massacri e sofferenze di civili innocenti. Niente di più facile quindi che i conflitti, invece che ridursi, si estendano ulteriormente, ad Afrin, a Ghouta e chissà dove ancora.
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