Tutti insultano Napolitano ma solo Storace pagherà

il Capo dello Stato è un bersaglio per molti, ma solo il leader della Destra rischia la cella per vilipendio

Tutti insultano Napolitano ma solo Storace pagherà

Stiamo perdendo i sensi. Il senso della realtà, il senso della misura, il senso dello Stato e delle Istituzioni. Prendete Napolitano, prendetelo con tutti i riguardi, come si addice al presidente della Repubblica, anzi di più, un presidente bis, che è al Quirinale oltre il mandato ordinario di un presidente, come se fosse un Re o un Pontefice. Ripetutamente vilipeso da grillini e affini, costretto a testimoniare nella vicenda Stato-mafia nonostante abbia già dichiarato che non ha nulla da dire in merito, dopo aver rischiato di fare la sua audizione davanti ai boss della mafia, disatteso sulle nomine alla Consulta e più volte trascinato in polemiche anche di basso profilo, torna d'improvviso sacro e intoccabile. L'occasione è il processo per vilipendio del capo dello Stato a Francesco Storace, che sette anni fa usò un aggettivo indegno per definire il presidente della Repubblica. Per l'impropria definizione di Napolitano, Storace rischia il prossimo 21 ottobre una condanna seria e se non il carcere, il verdetto potrebbe troncargli la carriera politica, vietandogli di candidarsi alle elezioni.
Stiamo parlando di una parola, una parola sola, che era poi un fallo di reazione. Napolitano aveva definito indegno l'attacco di Storace ai senatori a vita, come Rita Levi Montalcini, ritenendoli «stampelle del governo». E Storace aveva ricambiato la grave censura di Napolitano e aveva a sua volta definito indegno il capo dello Stato. Storace si è poi scusato. Ma la giustizia italiana, la stessa giustizia che trascina il capo dello Stato in una vicenda dai contorni loschi come il rapporto tra mafia e istituzioni, la stessa giustizia che non manca di attaccare gli altri poteri istituzionali e di non risparmiare lo stesso presidente della Repubblica, scopre improvvisamente che la parola di Storace ha ferito le Istituzioni, lo Stato, il Quirinale, la Patria e la Repubblica e non c'è fallo di reazione, scuse, precedenti e paragoni che tengano. L'imperativo di tutelare il presidente della Repubblica si scopre categorico e il calpestatissimo senso dello Stato si rianima per una volta sola. È come se in una società atea un solo peccatore fosse condannato per aver nominato il nome di Dio invano... Con Storace si torna al Vecchio Testamento e Napolitano per un giorno ritorna biblicamente Il Supremo e Inattaccabile Simbolo della Repubblica Italiana. Ma solo per un giorno, solo per un caso, solo per un versante politico...
A proposito. Dal punto di vista politico la vicenda può avere altri sbocchi più estrosi. Per esempio un rilancio della figura appannata di Napolitano grazie a un bel gesto, magari preventivo, del capo dello Stato per disinnescare la grottesca vicenda. O, all'opposto, il rilancio politico di Storace che accetta il verdetto fino in fondo, in modo che un esponente significativo dell'opposizione, ex ministro, ex governatore e leader di La Destra, finisca in prigione per aver pronunciato una sola parola. Sarebbe uno spettacolo istruttivo per questa Repubblica dei Puri e dei Depurati.

Pensavamo di essere nella sbrindellata Italia, dove l'oltraggio, l'insulto e l'illegalità regnano sovrani anche tra i rappresentanti della legge. E invece siamo a Hong Kong, in una versione grottesca della Cina. È la contro-rivoluzione dell'ombrello. Con Storace in veste di caprone espiatorio.

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