Ecco tutti i buchi dell'intesa sui migranti

L'accordo raggiunto a Malta sa di beffa per l'Italia e di bluff franco-tedesco: ecco perché è impossibile essere soddisfatti degli esiti del vertice di ieri

Ecco tutti i buchi dell'intesa sui migranti

Il vertice di Malta dona responsi ben prevedibili e pronosticabili alla vigilia: ci si aspetta il bluff, e bluff è stato, ci si aspetta l’ostentazione di ottimismo da parte dei partecipanti al summit e, anche da questo punto di vista, non si notano sorprese.

Del resto, il summit maltese parte su iniziativa della Germania, il cui governo ha fretta di dare risposte sia all’interno che all’esterno del paese. Da un lato infatti Angela Merkel, su pressing soprattutto del suo ministro dell’interno Horst Seehofer, vuole dare dimostrazione ai tedeschi di lavorare per risolvere il problema dell’immigrazione e frenare l’emorragia di voti che virano sempre più partiti di destra, Afd in primis. Dall’altro lato, Berlino vuole offrire al nuovo governo “amico” italiano una sponda politica prima che l’emergenza immigrazione di queste settimane possa mettere in difficoltà Giuseppe Conte.

Un’iniziativa politica quindi volta a dare solo segnali politici e mediatici e nulla più: il finale del vertice di Malta è scritto già nella stessa natura del summit, è a monte che l'incontro di ieri appare destinato a non lanciare nulla di concreto.

Esaminando i cinque punti stilati nel documento finale, redatto al termine dell’incontro dei ministri dell’interno di Italia, Malta, Germania, Francia e Finlandia, ben si notano falle e discrepanze che fanno già intuire come l’attuale status quo sia destinato a non essere scalfito.

In primis, questo emerge dal punto relativo alle redistribuzione. Certo, si nota una differenza non da poco rispetto al sistema oggi in atto e figlio del trattato di Dublino del 1991, che riguarda l’automatismo nella redistribuzione dei migranti. Fino ad oggi la ripartizione avviene sempre invece solo su base volontaria. Ma esso varrà per quei paesi che, il prossimo 8 ottobre, nel corso del vertice in Lussemburgo aderiranno alla bozza della proposta redatta ieri a Malta. Per adesso si parla di 10 od al massimo 12 paesi, non di più. Fuori il blocco di Visegrad, al pari di altri governi poco interessati alla redistribuzione sia per motivi politici che geografici. E non sembra agitare più di tanto gli animi l’idea di sanzioni per chi non aderisce, anche perché a Malta di strumenti sanzionatori se ne parla poco o nulla. Fonti diplomatiche suggeriscono che, probabilmente, nel vertice in Lussemburgo potrebbe essere inserita una clausola volta a penalizzare, in sede di approvazione dei bilanci comunitari, quei governi che non accettano di partecipare alla redistribuzione dei migranti.

Poi c’è il terzo punto dell’accordo di ieri che sembra ancor di più suonare come una beffa (annunciata) per l’Italia, il quale tratta del meccanismo della rotazione dei porti. È questo il nodo su cui si regge la proposta di Roma, anche perché il vero primo superamento del sistema nato dall’accordo di Dublino sta proprio sulla scelta del porto di approdo. L’accordo stilato quasi 30 anni fa nella capitale irlandese, prevede che sia il paese dove avviene lo sbarco a sobbarcarsi tutti gli oneri relativi al soccorso ed all’accoglienza. Un sistema che penalizza enormemente l’Italia e che, in attesa di una modifica strutturale, può essere “scavalcato” con il principio della rotazione dei porti: far sbarcare cioè le navi con i migranti a bordo ogni volta in un paese diverso. Il principio della rotazione dei porti viene in effetti approvato a Malta, ma l’accordo prevede su questo punto un meccanismo basato sulla mera volontarietà. Nessun vincolo e nessuno automatismo dunque, per l’Italia sembra quindi cambiare poco o nulla.

Tornando al “nuovo” meccanismo della redistribuzione, qui il bluff appare molto più evidente. La Francia nei giorni scorsi esce allo scoperto: sì ad un ricollocamento automatico, ma solo per chi ha diritto d’asilo. Una posizione su cui la Germania chiede a Parigi un ridimensionamento. E così a Malta esce fuori che, in effetti, la redistribuzione deve riguardare tutti, anche i cosiddetti “migranti economici”. Questo discorso vale però solo, come già spiegato ieri, per le navi delle Ong o per quelle militari. Oltre a rappresentare un regalo in primis alle organizzazioni non governative, a cui viene riconosciuta peraltro l’equiparazione ai corpi militari in fatto di salvataggio, questa clausola annulla il compromesso strappato alla Francia e lascia gran parte dei problemi all'Italia.

Infatti, specialmente nell’ultimo anno gran parte degli sbarchi avviene tramite approdi autonomi con barconi che arrivano quasi indisturbati nelle spiagge di Lampedusa, della Sicilia, della Sardegna e della Calabria. In proporzione, il numero dei migranti arrivati tramite le navi delle Ong o dopo i salvataggi effettuati dalle navi militari, è molto basso. Questo vuol dire che Francia e Germania, assieme ai paesi Ue che sottoscriveranno l’accordo in Lussemburgo, accoglieranno una fetta molto minima di coloro che arrivano in Italia.

Lo status quo è destinato a perdurare. Nel gioco delle parti tutto interno al governo italiano, Conte è colui che esprime la massima soddisfazione, parlando di svolta e di necessità di dialogo con l’Ue.

Al contrario, Di Maio interpreta invece la parte di chi fiuta aria di bluff, parlando solo di un “primo passo” e dell’esigenza di bloccare a monte le partenze. Ad ogni modo, il teatrino sull’immigrazione si dà appuntamento adesso sul palcoscenico lussemburghese dove si terrà la riunione dei ministri dell’interno.

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