Milano - Nella giostra di nomi ce n'è uno che ritorna più degli altri: è quello di Milena Gabanelli. Sarebbe lei il fiore all'occhiello della nuova Rai giallo verde e il segno di discontinuità con la tv pubblica disegnata nell'era Renzi. Gabanelli potrebbe avere la striscia nobile, quella che fu di Enzo Biagi, subito dopo il Tg1 della sera. Certo, nel giro di qualche settimana molte aspettative dovrebbero trovare conferma dalle parti di viale Mazzini. E la partita per lo schermo si incrocia con gli organigrammi del potere: dalla presidenza alle direzioni di rete. Si dice da sempre che la Rai sia una bussola infallibile degli umori profondi del Paese e in questi giorni le conversioni al verbo di Di Maio e a quello di Salvini si susseguono. Incessanti.
Tutti danno per certo che Carlo Freccero, intellettuale poliedrico e profondo conoscitore dei linguaggi televisivi considerato un guru dai Cinque stelle, aspiri alla presidenza al posto dell'uscente Monica Maggioni. Ma quella casella potrebbe pure essere occupata da un professionista di peso come Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della sera. «Si tratta di capire - spiega al Giornale Arturo Diaconale, nel cda in scadenza a fine mese - se la nuova maggioranza procederà ad un'occupazione militare della Rai o se per esempio punterà ad una presidenza di garanzia». Il prossimo cda avrà sette membri: due nominati dalla Camera, due dal Senato, due dal Consiglio dei ministri su proposta del ministero dell'Economia, uno dai dipendenti Rai. «Quindi - prosegue Diaconale - Lega e Cinque stelle potrebbero fare tre a tre, spartendosi sei poltrone su sette. Ma potrebbero lasciarne una al Pd e un'altra a Forza Italia».
Altro capitolo delicato è quello della direzione generale: molti analisti spendono il nome di Vincenzo Spadafora, braccio destro di Di Maio, uscito a bocca asciutta dalla foto di gruppo dell'esecutivo appena insediato. Ora il vicepremier potrebbe risarcirlo piazzandolo al posto di Mario Orfeo. Intanto, Enrico Mentana, pure accreditato, anche dal Giornale, per questo incarico, si sfila dalla corsa: «Con tutto il rispetto, non ho nessun interesse a ruoli in Rai finché a decidere sarà la politica. Valeva per i governi passati, vale per il tempo del governo attuale».
Fine dei giochi, almeno per lui. Ma le liste impazzano, fra spifferi, voci, previsioni degli imminenti assetti. Cosi, inevitabilmente sotto i riflettori finiscono i giornalisti ritenuti più vicini alla nuova maggioranza. Come Gianluigi Nuzzi, uno dei professionisti più accreditati da Davide Casaleggio, ma che conduce già un programma di successo come Quarto grado sulle reti Mediaset. Insomma, almeno in questa fase è difficile distinguere le notizie dalle suggestioni. «Non dobbiamo dimenticare - conclude Diaconale - che in Rai c'è il tetto ai compensi, fissato a quota 240mila euro annui. Chi guadagna di più avrebbe difficoltà a prendere la strada di via Teulada.
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