Sulla copertina del New York Magazine Elizabeth Jean Carroll indossa lo stesso abito nero che portava la volta in cui, stando alle accuse della giornalista americana, Donald Trump l'avrebbe stuprata nei camerini di un grande magazzino di New York, 23 anni fa. La denuncia è contenuta nel libro della reporter, oggi 75enne, che uscirà il prossimo 2 luglio, di cui la rivista ha pubblicato un estratto. Carroll mette le cose in chiaro: «Sono una codarda». È per questo, ha ammesso la donna, che al tempo decise di non denunciare la presunta violenza. «Ricevere minacce di morte, essere licenziata e infangata non era una prospettiva allettante», si legge in un passaggio della biografia.
Il libro è una lista degli uomini «più detestabili» della vita di Carroll. Trump, di cui non viene fatto esplicitamente il nome, è il numero 20. L'episodio in questione risalirebbe all'autunno del 1995 o alla primavera del 1996. La giornalista racconta che stava uscendo dal centro commerciale di lusso Bergdorf Goodman, sulla 58esima strada, quando incrociò Trump - «l'uomo più famoso di New York» - che entrava nello stesso negozio. I due si riconobbero a vicenda: in quel periodo Carroll conduceva un programma tv di consigli sentimentali. Secondo quanto riportato nel libro, Trump le avrebbe chiesto di aiutarlo nella ricerca di un regalo. Dopo alcuni giri in altri reparti, l'attuale presidente Usa la portò al reparto lingerie: lì i due avrebbero scherzato su un body di pizzo, e si sarebbero poi mossi verso i camerini. Secondo le accuse della giornalista, la violenza ebbe luogo in una delle cabine: Trump le sarebbe saltato addosso, spingendola contro il muro e baciandola con forza. Poi le avrebbe bloccato entrambe le braccia e l'avrebbe penetrata. Il tutto, spiega la presunta vittima, sarebbe durato «non più di tre minuti», senza commessi né clienti nei pressi. Le telecamere di sicurezza probabilmente c'erano, anche dentro i camerini (la legge locale non le proibiva) ma 23 anni dopo quelle registrazioni non esistono più, come conferma anche Bergdorf Goodman.
Carroll scrive nel libro di aver messo al corrente dell'accaduto due amiche, le quali hanno confermato la sua versione al New York Magazine. A quel tempo una le aveva consigliato di andare alla polizia, mentre l'altra di «non dirlo a nessuno e dimenticare»: Trump, con i suoi avvocati, l'avrebbe distrutta. In un comunicato il tycoon replica dicendo di non aver mai incontrato la donna, accusandola di essersi inventata tutto per vendere il libro e ipotizzando suoi legami con i Democratici. La reporter si aggiunge all'elenco delle oltre venti donne che hanno accusato a vario titolo Trump di violenze sessuali. Quasi tutte hanno parlato in tempi recenti, dopo l'ascesa dell'imprenditore alla Casa Bianca e sull'onda del movimento #MeToo. Ma alcune l'avevano fatto già negli anni Novanta. Tra queste c'è anche l'ex moglie di Trump, Ivana, che nelle carte del divorzio aveva parlato di un episodio di «stupro», salvo poi ritrattare. Risalgono a vent'anni fa anche le accuse dell'imprenditrice Jill Harth.
Insieme a queste, sono finite in tribunale anche le vicende riguardanti Alva Johnson, collaboratrice della campagna elettorale dell'attuale presidente Usa, e Summer Zervos, concorrente del reality show di Trump The Apprentice. Il suo è l'unico caso ancora aperto: Trump deve rispondere di diffamazione sotto giuramento per aver definito la sua accusatrice una bugiarda.
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