Padova - Viviamo in uno Stato e in un tempo in cui se un ladro entra in casa, ci si deve assicurare che non voglia far del male. Uno deve controllare se in mano abbia il mestolo, il coltello, una pistola giocattolo o un'arma vera e poi quando sai che sta per ammazzarti, in punto di morte, puoi colpire. Pena il dover patire ciò che non ti ha fatto patire il ladro. Come è accaduto a Franco Birolo, il tabaccaio di Civè di Correzzola (Padova), che nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2012 aveva sparato e ucciso con un colpo di pistola, regolarmente detenuta, un ladro moldavo entrato nel suo negozio e che ora rischia l'ennesimo processo.
E dire che Birolo era anche stato assolto. E dire che Birolo dopo sette anni di agonia pensava di ricominciare a vivere. Lui che ha ceduto la tabaccheria per pagarsi gli avvocati, lui che ha chiuso la tabaccheria per paura, lui che ora fa l'agricoltore perché di allarmi, armi e mancata sicurezza non ne vuole più sapere. Ecco lui, ora rischia di vedersi avviato un procedimento civile, perché nonostante tre gradi di giudizio e l'assoluzione in appello - in primo grado condannato a due anni e otto mesi di reclusione più 325mila euro di risarcimento per la madre e la sorella del moldavo la sorella di Igor Ursu, il ladro morto, ha chiesto i soldi in sede civile. Una cosa che può fare, dato che Birolo, indagato prima per omicidio volontario e poi rinviato a giudizio per eccesso colposo di legittima difesa, è stato assolto con la formula della legittima difesa putativa, quella in cui, dicono gli interpreti, la situazione di pericolo non esiste obiettivamente, ma è supposta dal soggetto per errore. Come se a trovarsi un ladro in casa ci sia di che gioire.
«Qualche settimana fa si sfoga Birolo con il Giornale - ho ricevuto una raccomandata che mi invitava a un primo colloquio di mediazione tramite un'agenzia mediatrice. La sorella è ricorsa a questa agenzia per chiedere un accordo sulla cifra, in previsione di un procedimento civile. Io ho rifiutato perché ritengo di non dovere niente a questa famiglia».
Infatti lui di soldi ne ha spesi tanti. Se si pensa che solo per essere indagati c'è qualcuno che ha speso 30mila euro, con tre gradi di giudizio le cifre lievitano. «Tanti soldi dice Birolo tanti tanti, oltre a quelli per il procedimento preliminare. Sette anni che seguo questa cosa, sette anni che ho tolto alla mia famiglia, sette anni di agonia. Ho ceduto la licenza per finire di pagare gli avvocati e ora dovrò riaprire anche il contenzioso civile. Ormai ho le spalle grosse ma mi dispiace per il disagio che creo ai miei cari. E purtroppo la nuova norma sulla legittima difesa modifica l'articolo 54 del codice penale che non mi riguarda. Si dovrebbe modificare anche quella putativa. Sa quante cose il governo dovrebbe fare per poter stare vicino e aiutare le persone che si difendono?».
A intervenire con un post su Facebook è anche il consigliere regionale veneto Fabrizio Boron (Zaia Presidente). «Non sono bastati tre gradi di giudizio e quattro anni a districarsi tra cavilli e tribunali, giudici e avvocati, condanne e assoluzioni scrive ora tocca anche la beffa.
Questi non cercano giustizia. Questi puntano al risarcimento, ai soldi, a monetizzare. E purtroppo la legge italiana lo consente. Un'autentica beffa e per noi uno stimolo a riprendere in mano la questione della legittima difesa».
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