Contro la nuova ondata di contagi è fondamentale mandare in guerra l'esercito con le armi giuste: tamponi rapidi disponibili, unità Usca ben rimpinguate come la più serrata delle fanterie, medici di famiglia realmente in grado di assicurare ai pazienti il tampone, come dovrebbe accadere a breve.
Tuttavia già qualcosa scricchiola in questa strategia di difesa contro il virus. Per usare le parole del direttore sanitario dell'Ats di Milano, Vittorio DeMicheli: «Siamo già nella fase in cui i tamponi e il tracciamento dei contagi per isolare i focolai non bastano più. La velocità del virus è raddoppiata rispetto a pochi giorni fa». I punti deboli su cui lavorare sono parecchi, a cominciare dalle figure in prima linea per cercare di frenare i contagi.
LE UNITÀ USCA
Dal 23 marzo le Unità speciali di continuità assistenziale permettono di isolare i pazienti positivi e curarli a casa, senza ricovero. Eppure ancora oggi, in base a quanto denunciano i medici della Fimmg, in una provincia su due non possono essere attivate dal medico di famiglia per verificare un caso sospetto o, peggio ancora, nel 17% dei casi sono squadre composte da un medico solo, senza l'affiancamento di un infermiere.
«Il quadro che emerge è quello di un sistema a luci ed ombre - spiega Paolo Misericordia, responsabile del Centro Studi della Fimmg - Se la visualizzazione del risultato del tampone avviene agevolmente per il medico, quasi sempre da portale elettronico, la sua diretta prescrizione è consentita ancora troppo raramente. Così appare molto difficile riuscire a contrastare con efficacia il riaccendersi di focolai».
I MEDICI DI FAMIGLIA
Tra pochi giorni, anche i medici di famiglia potranno fare il tampone ai propri pazienti. Da un lato è un bene perchè così verranno smaltite più velocemente le attese.
Però dall'altro si corrono altri pericoli: «Rischiamo di far incrociare i pazienti anziani che vengono in studio per il vaccino anti influenzale con pazienti potenzialmente positivi - spiega Giovanni Leoni, presidente dell'Ordine dei medici di Venezia - Per questo, prima di consentire i tamponi è necessario affiancare i medici con il personale necessario a gestire turni, appuntamenti e percorsi di sicurezza. Mancano segretarie e infermieri. Già ora per le visite ci vuole più tempo, con i tamponi il lavoro raddoppierà».
I PEDIATRI
Stanno aumentando i casi anche tra i bambini. Solo ieri mattini all'ospedale Buzzi di Milano in quattro sono risultati positivi su sei tamponi effettuati, a dimostrazione del fatto che il virus che sta circolando sotto traccia è pronto a far esplodere il numero dei casi. In più ci sono vizi di forma maturati in queste ultime settimane e difficili da estirpare: «I pediatri - spiega Gian Vincenzo Zuccotti, direttore del pronto soccorso pediatrico del Buzzi a Milano - in tanti casi chiedono il tampone prima di visitare i bambini. In realtà dovrebbe essere il contrario: prima li devono visitare e poi, se necessario, richiedere il tampone. Per di più ricordiamoci che non esiste solo il Covid ma i bambini si ammalano anche di altre patologie, quindi le visite vanno fatte». Per arginare la valanga di richieste di appuntamenti e certificati da parte delle famiglie, in Lombardia l'Ats sta per «arruolare» i genitori.
«Insegneremo ai genitori come tracciare la catena dei contagi in caso di positività - spiega Demicheli - per accelerare i tempi e cercare di isolare le persone positive. Al momento i casi a scuola, che restano bassi, sono comunque raddoppiati i una settimana, con una velocità evidente. E 180 studenti positivi ricordiamo che equivale a isolare 3mila persone per 15 giorni».
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