Due settimane dopo la decisione britannica di espellere 23 diplomatici russi per il caso Skripal, e tre giorni dopo la conclusione del Consiglio europeo dove era stato preso l'impegno di una risposta a Mosca il più possibile unitaria, le misure sono arrivate. E sono senza precedenti nella loro durezza. Sono quattordici i Paesi dell'Unione Europea che hanno deciso di unirsi a Stati Uniti, Canada e Ucraina nell'annunciare espulsioni per ritorsione all'attacco con il gas nervino avvenuto nella città inglese di Salisbury lo scorso 4 marzo. Un'azione coordinata che non era scontata, e che vede anche l'Italia allineata con Paesi come Francia, Germania, Polonia, Spagna, Svezia e Olanda. Tra chi ha scelto di non esserci spiccano l'Austria (che ricorda la sua «neutralità»), l'Ungheria e la Grecia.
La Russia ha reagito annunciando «ritorsioni proporzionate» contro «le provocazioni di alcuni Paesi dell'Ue e della Nato», e ribadendo la propria «assoluta estraneità» al caso Skripal. Complessivamente è stata annunciata l'espulsione di un centinaio di diplomatici russi dai Paesi occidentali, quasi tutti legati all'intelligence. La ritorsione più cospicua è quella decisa dagli Stati Uniti, che hanno annunciato l'espulsione di ben 60 russi, oltre alla chiusura del consolato russo a Seattle (cui Putin vuol far rispondere con un sondaggio su Twitter: «Quale consolato Usa in Russia fareste chiudere?»). Dodici dei sessanta espulsi sono membri della missione di Mosca presso l'Onu; e l'ambasciatrice americana a Palazzo di Vetro, Nikki Haley, ha motivato questa scelta affermando che «qui a New York, la Russia usa le Nazioni Unite come un paradiso sicuro per attività pericolose all'interno dei nostri confini».
Toni duri, che ricordano i tempi della guerra fredda. Da Washington a Londra a Bruxelles, il messaggio che viene inviato al Cremlino è netto e concorde: la Russia ha passato i limiti della violazione delle regole internazionali, e questo non potrà più essere tollerato.
Il numero dei diplomatici russi messi alla porta da ciascun Paese indica una specie di classifica della risolutezza: se l'America di Trump la guida con 60 seguita dalla Gran Bretagna con 23, l'Ucraina ostilissima a Putin segue con 13. Distanziate a quattro si trovano Germania, Francia e Polonia, a quota tre si fermano Lituania e Cechia. L'Italia, insieme ad altri, sceglie il «minimo sindacale»: due espulsioni, un modo per non «strappare» con gli alleati ma di far capire al tempo stesso che a Roma si tengono in considerazione altri fattori oltre a quello della solidarietà occidentale.
Ciò nonostante, i partiti del centrodestra accusano il governo Gentiloni, in carica per il solo disbrigo degli affari correnti, di aver impegnato l'Italia su posizioni «contrarie all'interesse nazionale».
Il leader della Lega Matteo Salvini ha detto che «invece che riannodare i fili del dialogo il governo italiano subisce la richiesta che arriva da altri», Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia fustiga «l'inaccettabile colpo di coda di un governo asservito alla volontà di Stati esteri».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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