Ci si chiedeva se il glioblastoma che gli è stato diagnosticato pochi giorni fa avrebbe messo la parola fine alla carriera politica di John McCain, l'ottantenne senatore repubblicano che nel 2008 perse le presidenziali contro Obama. Ma era stato proprio l'ex presidente degli Stati Uniti ad avvisare tutti: «Il cancro non sa con chi ha a che fare». E aveva ragione.
Ieri al senato era in programma una votazione decisiva per aprire il dibattito sullo smantellamento dell'«Obamacare», la riforma sanitaria di Barack la cui abrogazione è sempre stata uno dei capisaldi del programma di Donald Trump. E siccome - dopo tre tentativi falliti - tutto si giocava sul filo di pochissimi voti, sul fronte repubblicano c'è stata una vera e propria chiamata alle armi: tutti convocati, compresi i malati gravi.
Una decina di giorni fa più di qualcuno aveva insinuato sull'operazione a cui McCain si era sottoposto per rimuovere un coagulo di sangue dall'occhio sinistro, la tesi era che si trattasse di una manovra politica per far mancare la maggioranza al testo della nuova riforma: McCain in passato ha avuto diversi attriti con Trump e sembrava una scusa per boicottare il raggiungimento della maggioranza da parte dei repubblicani.
Ma la conferma che McCain non stesse bluffando la si è avuta a stretto giro di posta: prima a seguito del terribile referto della biopsia, e poi di nuovo ieri quando ha sfidato la sua salute presentandosi in aula. «Grande che McCain torni per votare - ha twittato Donald Trump in mattinata -, grazie coraggioso eroe americano. L'Obamacare sta torturando il nostro popolo: respingetela e sostituitela, ho già la penna in mano!».
In realtà l'esito non era affatto scontato, la votazione che si è svolta nella serata italiana si è decisa sul filo del rasoio. I repubblicani potevano permettersi di perdere al massimo due dei loro voti e in effetti proprio così è andata: 51 favorevoli e due contrari, a cui si sono aggiunti i «no» dei 48 senatori democratici. Un margine risicatissimo che però è bastato per centrare l'obiettivo. In realtà l'ottimismo aveva iniziato a crescere intorno all'ora di pranzo quando erano stati recuperati alla causa Rand Paul, Shelley Moore Capito e Dean Heller, i quali hanno rotto gli indugi e si sono schierati ufficialmente a favore dell'apertura del dibattito.
Naturalmente questo non significa che l'Obamacare sarà immediatamente abrogato, si tratta solo del primo «step» e la strada è ancora lunga. Ma il risultato di ieri ha una grande importanza simbolica e averlo ottenuto anche grazie all'eroismo del «leone» McCain è una grande segnale da parte del partito che sostiene Donald Trump, che in un momento cruciale ha saputo mostrarsi compatto al fianco del presidente.
Ovviamente non mancano le polemiche: sul fronte democratico si sottolinea come McCain stia combattendo contro un tumore che - senza Obamacare - la maggior parte degli americani non potrebbe permettersi di curare. E che, quand'anche la riforma di Trump vedesse la luce, senatori e deputati non perderebbero il loro sistema di protezione.
Si tratta di un tema particolarmente delicato, ma al di là del merito della legge quella di ieri è stata una vittoria politica del presidente, in un momento non facile del suo mandato, e una rivincita clamorosa di McCain: Obama gli rubò il sogno presidenziale, lui si è vendicato cancellando il primo pezzetto della sua creatura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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