Cinquant'anni fa a Brescia pioveva. Il cielo aveva il colore del piombo, la terra pure. Mezzo secolo dopo in piazza della Loggia brilla il sole. Anche il clima sembra segnare la netta distanza tra il 1974 ed oggi. La città mostra la sua ferita ancora aperta quando alle 10.12 in punto migliaia di cittadini accorsi rivolgono il volto verso quel pilastro rimasto sventrato dall'ordigno di matrice neofascista. Un silenzio atroce cala tra i portici e i palazzi della Serenissima. Il pensiero di tutti va alle otto vittime dell'attentato, ai 102 feriti. Le bandiere di partito si contano col lumicino, ma la linda manifestazione pare essere macchiata dal tour elettorale di un pezzo di sinistra.
Mentre le lacrime ancora solcano i visi dei bresciani, mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sta ancora tenendo il suo discorso in un teatro Grande colmo in ogni ordine di posto («oggi la Repubblica italiana è Brescia, questo teatro, questa piazza», dirà dal palco), il segretario nazionale di Sinistra italiana Nicola Fratoianni comincia la sua conferenza stampa in un ristorante etnico a due passi dalla stele dei caduti. È l'unico leader di partito a compiere un'azione simile. Accompagnato da papà Salis, fa tappa a Brescia per racimolare qualche voto alle Europee, proprio in uno dei giorni simbolo degli anni bui di questo Paese. Una scelta che fa storcere il naso anche tra la stessa folla. Quella che durante l'infiammato discorso di Maurizio Landini contesta, soprattutto nelle retrovie, il segretario generale della Cgil. «Quella risposta antifascista non è durata un momento, quella risposta civile e democratica è un bene prezioso per il nostro Paese» attacca Landini, che poi nel suo discorso si allontana dalla memoria per fiondarsi sull'attualità: «Il diritto al lavoro è diritto alla scuola, alla sanità, alla conoscenza. Il modo migliore per ricordare chi ha perso la vita è dire chiaramente che la nostra carta costituzionale non va cambiata: va realizzata in tutte le sue parti, valori e principi, per unire il Paese e non dividerlo». Applausi, ma anche qualche fischio, durante il discorso fiume. Poi il momento più atteso: dopo un rapido omaggio alla stele, in teatro il Capo dello Stato usa parole durissime: «Complici e collusi, strateghi di morte, non rappresentano lo Stato, ma una gravissima minaccia contro la Repubblica. Hanno tradito l'Italia. Hanno tramato nell'ombra contro il loro popolo e il loro Paese». La presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, con una dichiarazione, ricorda le vittime innocenti: «Continueremo a lottare contro ogni forma di terrorismo», assicura.
Il 50esimo anniversario cade peraltro a poche ore dall'inizio del processo a Marco Toffaloni, all'epoca non ancora 17enne, ritenuto con Roberto Zorzi uno degli esecutori materiali della strage.
«La giustizia è riuscita ad accertare responsabilità e matrice di quella vile strage ed è tuttora impegnata con nuovi dibattimenti - ad assicurare tutte le risposte ai familiari delle vittime e alla comunità intera», ha riferito ieri il ministro della Giustizia Carlo Nordio. E questo chiedono i familiari delle vittime: verità e giustizia.
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