«Uno che lavora per la famiglia, che risolve tutto. Si chiedeva tutto tramite lui»: così è descritto da uno dei complici Dimitry Chirakadze, 54 anni, considerato dagli inquirenti la «mente» della clamorosa fuga di Artem Uss. Chirakadze, russo residente in Svizzera, è stato arrestato ieri nell'ambito dell'inchiesta dei carabinieri del nucleo investigativo e del pm di Milano Giovanni Tarzia.
Uss, che era detenuto ai domiciliari con il braccialetto elettronico a Basiglio, era stato fatto fuggire il 22 marzo 2023. Il figlio di Alexander Uss, oligarca vicino a Putin, doveva essere estradato negli Usa. Il nuovo arresto, su ordinanza del gip Sara Cipolla, è la seconda tranche dell'indagine che aveva portato nei mesi scorsi ad un'altra ordinanza di custodia cautelare a carico di 6 persone. Il provvedimento è a carico anche di Maria Yagodina, la moglie di Uss, che come il marito si trova in Russia. Chirakadze è accusato di essere «referente e organizzatore» del piano di fuga, alla guida di un gruppo criminale attivo in più Stati. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa per «procurata evasione in concorso, con l'aggravante del reato transnazionale», come spiega il procuratore di Milano Marcello Viola.
Uss, 41 anni, fu portato con quattro macchine da Basiglio, nel Milanese, oltre confine fino in Serbia e da là volò in aereo fino in Russia. Chirakadze avrebbe «mantenuto costanti contatti con i familiari di Artem Uss», per «sovraintendere le fasi della organizzazione e realizzazione della esfiltrazione». Avrebbe inoltre visto più volte gli uomini del commando in «incontri e riunioni», in particolare alberghi e ristoranti di lusso a Milano. Per gli investigatori, il 54enne fa «parte di un livello sovraordinato, da un punto di vista organizzativo» rispetto al commando (i tre già arrestati, mentre due sono ricercati) che ha eseguito gli ordini. Avrebbe, come scrivono i pm, «monitorato l'esito della decisione della Corte d'appello di Milano sulla eventuale estradizione» negli Stati Uniti che fu, poi, «sfavorevole» e «tale da indurlo», dunque, «a porre in essere il piano che nel frattempo aveva organizzato contattando preliminarmente i componenti della banda che hanno poi realizzato la fuga». Il gruppo che comandava era «un sodalizio criminale organizzato, impegnato in attività criminali in più di uno Stato, con il coinvolgimento di persone di diversa nazionalità (allo stato soggetti albanesi, serbi, bosniaci e sloveni), che, mediante l'utilizzo di auto immatricolate in più Stati (Italia, Slovenia e Serbia) e di utenze serbe, italiane, bosniache e slovene, hanno adottato una strategia precisa e ben definita, anche diretta a depistare le indagini».
Il capo appena fermato è «compartecipe in numerose aziende russe unitamente - scrivono ancora i pm - a esponenti della famiglia Uss». Appartiene «alla aristocrazia russa, in quanto discendente di un granduca della Georgia, ed è coniugato con una facoltosa donna russa con la quale risulta gestire ulteriori numerosi e complessi asset aziendali e societari di rilevanza internazionale, in una parte dei quali sono coinvolti gli esponenti della famiglia Uss». Dall'inchiesta è anche emerso «il diretto coinvolgimento della moglie» dell'arrestato «nella titolarità di quote della società che gestisce una importante struttura turistica di lusso, in Sardegna, riconducibile alla stessa donna e alla famiglia» di Uss.
E pure «di uno studio legale russo noto come uno dei principali specialisti nell'ottenere le decisioni necessarie presso la Corte suprema e l'arbitrato di Mosca». Infine la donna sarebbe proprietaria «di un'imponente tenuta di caccia nel territorio di Krasnojarsk, in Siberia, luogo di vacanza preferito di importanti funzionari russi, tra cui il governatore Alexander Uss».
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