Uzbekistan, la successione e i rischi per l'Asia

Con la morte del presidente Karimov si apre il grande gioco sul futuro e la stabilità dell'area

di Daniele Lazzeri*

Con la morte del presidente dell'Uzbekistan, Islom Karimov, si apre un nuovo ed estremamente pericoloso «Grande Gioco» in Asia Centrale. Se non si sbroglierà in breve tempo la questione legata alla successione del presidente uzbeko in prima linea le figlie e l'attuale vicepresidente si corre il rischio di creare una situazione di instabilità che coinvolgerà diversi Paesi nell'area.

È sufficiente dare un'occhiata ai confini geografici dell'Uzbekistan per comprendere come il Paese di Samarkanda sia uno Stato strategico a livello internazionale pur molto indebolito nel corso degli ultimi anni da un punto di vista economico per la lotta al terrorismo islamico non solo perché il passaggio militare più importante verso l'Afghanistan è proprio quello con l'Uzbekistan ma anche perché con grande capacità di «preveggenza» lo stesso presidente Karimov, ancora a metà degli anni '90, nell'indifferenza e incomprensione globale, aveva messo in evidenza il nascente rischio di un radicalismo islamico dall'Africa e dall'Asia.

L'Uzbekistan si trova lungo quel percorso energetico e infrastrutturale che potremmo definire la «Via della Seta 2.0». Il nuovo colossale intreccio di reti eurasiatiche che, partendo da Pechino, ripercorrono il viaggio di ritorno del nostro mercante Marco Polo. Un percorso che giunge sino al cuore dell'Europa e che sta destando interesse ma soprattutto preoccupazione nei principali consessi degli altri attori globali. L'indipendenza uzbeka dall'Urss ottenuta nel 1991 come ha ricordato lo storico Franco Cardini è stata pienamente interpretata da Karimov tanto nei confronti di Mosca, quanto dalle molteplici avance provenienti da Washington.

E non è un caso se il politologo americano Edward Luttwak in un'intervista al Nodo di Gordio ha sostenuto che «Karimov non era schiavo di

nessuno. Con Obama, gli Stati Uniti rimarranno immobili e i cinesi non contano molto in questa partita. È più probabile che sia la Russia di Putin ad approfittare della situazione».

*Chairman del think tank Il Nodo di Gordio

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