Vaiolo delle scimmie, pronti 5.200 vaccini per le categorie a rischio

Attesa la circolare del ministero sulle regole. Su 505 casi, 501 riguardano omosessuali

Vaiolo delle scimmie, pronti 5.200 vaccini per le categorie a rischio

Quarantene, monitoraggio attivo di chi si ammala, antivirali e vaccinazioni. Anche in Italia arriva il piano per combattere il vaiolo delle scimmie. Il ministero sta mettendo a punto la circolare per impostare la campagna di prevenzione: non serve una profilassi di massa come per il Covid ma una vaccinazione mirata, per le categorie effettivamente a rischio.

Sui 505 contagi in Italia, 501 riguardano uomini, solo 4 donne. I virologi spiegano che l'infezione - pur non avendo nessun punto in comune con l'Hiv - può colpire con più facilità gli omosessuali con più partner, che per ora rappresentano il 98% dei casi. Come mai? Il vaiolo delle scimmie infatti ha una carica virale più bassa rispetto al Covid e difficilmente si trasmette per via aerea o con uno starnuto. Il contagio avviene più facilmente durante un rapporto sessuale, soprattutto quando c'è una microlesione dei tessuti. Altre due categorie da proteggere potrebbero essere quella dei sanitari dei reparti di infettivologia e di chi, ai tempi, non è stato vaccinato contro il vaiolo «tradizionale», il cui obbligo vaccinale è stato eliminato nel 1986. La circolare del ministero dovrà anche precisare come verranno distribuiti i vaccini alle Regioni e dove saranno i centri di somministrazione. Le dosi sono state acquistate dall'Unione Europea, come per il Covid. Al nostro Paese ne spettano 16mila: 5.200 sono già arrivate, le altre sono attese per la fine di agosto.

Il vaccino, pronto per la somministrazione allo Spallanzani di Roma, è quello contro il vaiolo umano - eradicato nel 1980 proprio grazie a una campagna di immunizzazione in tutto il pianeta - che è efficace all'85% anche in questo caso. Proprio perché il vaiolo umano è stato debellato e nessuno si aspettava un'epidemia oggi - da maggio nel mondo si sono registrati 22mila casi in 72 paesi e 9 decessi - il vaccino viene prodotto da una sola ditta, la danese Bavarian Nordic, che è lontana dal poter soddisfare la domanda di tutto il mondo. È invece italiano il primo test rapido per diagnosticare la malattia e verrà sperimentato a settembre all'ospedale Cotugno di Napoli.

Il vaiolo delle scimmie nelle persone sane non è una malattia grave ed è poco contagiosa. Causa vescicole sulla pelle, febbre e spossatezza per 2-3 settimane. Ma, visti i numeri (16mila casi in Europa), va fermata prima che si trasformi in qualcosa di più serio.

Il Ministero della Salute martedì ha emanato una prima circolare che impone l'isolamento a chi è contagiato e ricorda che il preservativo non è sufficiente a prevenire il contagio. Il virus infatti si trasmette soprattutto attraverso le vescicole della pelle. Chi risulta positivo deve restare a casa fino alla guarigione totale delle ferite, astenersi dai rapporti sessuali ed evitare anche il contatto con gli animali. Il vaiolo delle scimmie può infatti trasmettersi ad altre specie: il rischio è che si trasformino in un serbatoio capace di alimentare sempre nuove epidemie.

«Bisognerebbe a mio avviso tirar fuori alcuni concetti di educazione sanitaria utilizzati all'epoca per l'infezione da Hiv e che avevano funzionato bene. Lavorare su due fronti: l'educazione sanitaria e i vaccini che in questo caso, al contrario dell'Hiv, abbiamo» spiega il microbiologo Massimo Clementi, professore di microbiologia e virologia dell'Ospedale San Raffaele di Milano. «La malattia si è diffusa a causa di alcuni eventi, uno in particolare in Spagna - dice -.

Direi che bisognerebbe partire con il vaccinare un determinato gruppo di persone, dove in questo momento il vaiolo ha trovato terreno fertile, ma non bisogna pensare sia il virus dei gay: questa infezione potrebbe essere diffusa anche tra gli eterosessuali». «Non ci troveremo davanti a una nuova emergenza come con il Covid - risponde Clementi -. E, soprattutto, abbiamo la possibilità di prevenire le problematiche informando le persone a maggior rischio».

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