Tornare a celebrare la cerimonia della vita, riconoscere il valore della frivolezza, rispettare il lavoro di un maestro senza per altro rinunciare alla propria identitità. Ecco cosa si è visto ieri sulla passerella di specchi rotti dove Alessandro Michele ha presentato la collezione di Valentino per la primavera/estate 2025 intitolata Pavillon des Folies. La sfilata si svolge nell'estrema periferia di Parigi in una parte del vecchio stadio del judo trasformato per l'occasione in una sorta di castello abbandonato con i mobili accatastati al centro e ai lati della sala sotto ai teli bianchi che li riparano dalla polvere.
Gli ospiti si siedono su sgabelli, poltrone e divani strategicamente posizionati lungo il percorso e tra loro ci sono personaggi come Elton John, Jared Leto, le sorelle Valeria e Carla Bruni Tedeschi, Damiano dei Manneskin e Alessandro Borghi.
Sembra di essere nella cosiddetta stanza delle necessità del Castello di Hogwarts, la scuola per apprendisti maghi in cui Harry Potter trova quel che gli serve per combattere Voldevort. In effetti da questa sfilata ci si aspetta qualcosa di salvifico per la moda: per prima cosa l'emozione e poi quel certo non so che di speciale che faccia scattare l'alchimia del desiderio in un mercato sempre più stanco e sovraffollato. Arriva tutto. Senza il boato del nuovo che a qualcuno potrebbe pure dare fastidio, ma con una potente riflessione che Alessandro Michele regala al popolo della moda dopo lo show: «L'inutile è sempre più necessario, leggere una poesia, indossare una gonna con le pieghe orizzontali, scegliere un colore». Da qui il senso di quei capi così «Very Valentino» che c'è addirittura il remake senza modifiche di un abito da sera a colonna in chiffonn azzurro con piccoli pois bianchi che lo stilista romano ha trovato in archivio e non ha voluto né potuto toccare perché era semplicemente perfetto. «Vedere i suoi modelli è come vedere un pezzo di storia del nostro Paese dice infatti in questa collezione non c'è niente che non venga da lui anche se si capisce che l'ho fatta io perché altrimenti avrei un gran de problema con me stesso».
Ecco quindi le calze di pizzo che sono da sempre una sua passione, i colori dettati da una grammatica ben precisa (più che del celebre «rosso Valentino» Michele parla di «4 o 5 gradazioni di bianco probabilmente riprese dalle tele della couture») sovvertita ad arte e gli accessori studiati fin nei minimi particolari per ottenere un'immagine sensazionale. In quasi tutte le uscite ci sono gioielli a profusione, compresi quelli che Valentino non ha mai fatto tipo gli anelli per il naso, il piercing per l'ombelico, la catenella appoggiata alla bocca e non parliamo degli orecchini.
Quel che per il designer è un omaggio ai cinque sensi, per il merchandising è una manna dal cielo: oggetti vendibili anche a chi non può permettersi le divine borsette in coccodrillo con catenelle e logo in metallo dorato. Non mancano le cravatte fatte da una sciarpa, una marea di bellissime scarpine e alcuni cappelli a larghissime tese. Il tutto molto più sofisticato e leggero di quel che Alessandro ha fatto per Gucci, un funambolico inchino a quel tipo di frivolezza che si alimenta di cultura e amore per la vita.
Non a caso la colonna sonora dello show è una musica del '600 intitolata Passacaglia della Vita e nel salutare la stampa il designer ricorda Davide Renne, il suo braccio destro da Gucci prematuramente scomparso un anno fa.
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