«Grazie a quanti di voi hanno scelto di non voltare la testa dall'altra parte, a quanti stanno sostenendo la sua ultima battaglia per la verità». É difficile leggere senza un brivido questo e altri passaggi della lettera scritta ieri da Giovanna Perino. Giovanna era la moglie di Angelo Burzi, l'ex consigliere regionale piemontese morto suicida a Natale. La sua lettera di ieri non è una invettiva, non è un atto d'accusa polemico. È il ricordo accorato di un grande uomo. Viene da chiedersi se la leggeranno anche gli inquisitori di Burzi, e se qualche turbamento lo proveranno anche loro.
«Desidero ringraziare - scrive la vedova dell'esponente di centrodestra - quanti di voi hanno contribuito a diffondere i suoi ultimi pensieri ed avviato una analisi seria, puntuale e rispettosa della situazione che lo ha coinvolto». È una situazione, sottolinea la lettera, «che direttamente o indirettamente riguarda tutti noi», e dalla quale Burzi «ha scelto di uscire esprimendo la sua protesta più forte».
Si tratta, come è noto, dell'inchiesta sui rimborsi ai consiglieri regionali che aveva visto Burzi prima assolto e poi condannato, inghiottito in un processo senza fine: ed è questo, il meccanismo giudiziario e mediatico che stritola le persone, a venire indicato come una situazione «che riguarda tutti noi».
Di Angelo Burzi la compagna della sua vita ricorda l'impegno e la passione politica, fino alla sua ultima iniziativa, la rivista Società Aperta, nata all'insegna di «un sano pragmatismo ispirato da forti ideali». Ricorda il carattere particolare, non facile, di Burzi («quante le discussioni e le porte sbattute tra di noi, le riappacificazioni e il tornare a parlarsi»): «Non sentiva il bisogno di piacere a tutti, cosa che lo ha reso unico e speciale per molti e, allo stesso tempo, scomodo per altri. Aveva una intelligenza raffinata, era colto e carismatico».
Come sia accaduto che un uomo di questo spessore venisse portato al punto di rottura lo ha spiegato perfettamente Burzi stesso, nella lettera d'addio lasciata prima di spararsi. Ieri, al duro j'accuse del marito («Siccome arrendermi non è mai stata un'opzione, frangar non flectar, esprimo la mia protesta più forte interrompendo il gioco») Giovanna Perino aggiunge il ritratto commovente di un uomo «generoso in tutti i sensi, nel condividere idee visioni ed opportunità. Generoso nel prendesi cura degli altri. Presente quando c'era bisogno». È questo l'uomo che la Procura torinese aveva messo nel mirino con un accanimento che, incredibilmente, non è cessato neanche con la sua morte. Ma Burzi, ricorda sua moglie, «era una persona onesta». «E solo la rettitudine che era parte di lui, e non certo la debolezza, ha determinato il modo in cui ha scelto di esprimere la sua protesta».
Angelo, scrive ancora la Perino, «aveva un codice morale molto forte e una visione della giustizia. Amava la nostra lingua e le citazioni. Una di queste, di Leonardo da Vinci, ricordo tra le sue preferite: chi non punisce il male, comanda lo si faccia". Ed è quella che me lo rappresenta più di tutte, specie in questo momento».
Fino all'ultimo saluto, quello che Giovanna Perino ha letto anche dal pulpito della chiesa il giorno del funerale «Per l'amore immenso e per le la stima e il rispetto che sempre ho auto e sempre avrò per te, voglio accettare tutto questo e lasciarti andare come hai scelto. Vai, amore mio, finalmente libero, come meritavi e come meriti».
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