La furia giustizialista si ritorce contro Letta. Le «vittime» del fuoco giacobino preparano la vendetta contro i dem. A Napoli, Roma e in Calabria. Antonio Bassolino, Ignazio Marino, Mario Oliverio: tutti big, nomi di peso nella galassia dem, incassata l'assoluzione nei rispettivi processi, scendono in campo contro il partito. Alle spalle hanno umiliazioni e massacri mediatici.
Costretti, dopo il primo sospetto, al passo indietro. Spinti davanti al tribunale dell'Inquisizione del Nazareno. Ora cercano il riscatto politico contro Letta e il Pd. Sono vittime di una sinistra che ha costruito un modello politico fondato sulla rincorsa alle Procure. Il voto in autunno fa scattare l'ora della vendetta. Ma anche dell'orgoglio.
A Napoli c'è Antonio Bassolino, pezzo da novanta del vecchio Pci: due volte sindaco del capoluogo partenopeo, negli anni del post-Tangentopoli, e due volte governatore della Campania. Bassolino fu l'astro nascente della sinistra nel Mezzogiorno. Carriera stroncata da inchieste e monnezza. Nel 2006 la Campania viene travolta dallo scandalo rifiuti: la magistratura affonda il colpo con Don Antonio. Diciannove processi. Diciannove assoluzioni. Il Pd gli voltò le spalle subito. Allontanato come un appestato. Bassolino ripete: «Ho avuto il telefono acceso anche di notte in questi anni, mai una telefonata dal Nazareno». L'umiliazione più imbarazzante nel 2008: l'allora segretario nazionale nel Pd Walter Veltroni vieta a Bassolino di salire sul palco in piazza del Plebiscito, la sua piazza, in occasione di un comizio elettorale. Per Veltroni, il dem che imitava Obama, la presenza di Bassolino, all'epoca accerchiato dalle inchieste, sporcava l'immagine del partito. Uno schiaffo. Che ora Bassolino restituisce con gli interessi. Al Nazareno non c'è più Veltroni ma Letta. Don Antonio, all'età di 74 anni, si candida sindaco contro i democratici. Le chance di vittoria non sono tante. Ma Bassolino ha un solo obiettivo: far perdere l'ex ministro dell'Università Gaetano Manfredi, candidato del Pd. A Roma, nella Capitale, si rivede Ignazio Marino. L'ex sindaco di Roma, spedito in esilio negli Stati Uniti dal suo ex partito (il Pd), ritorna in Italia con una sfida: sabotare la corsa di Roberto Gualtieri. Le ragioni sono identiche a quelle di Bassolino. Per Marino bastò una sola inchiesta per finire sulla croce: l'accusa fu di aver usato la carta di credito del Comune per spese personali. Scattò l'indagine. E subito si levò il sospetto giacobino da parte dei vertici del Pd, all'epoca guidato da Matteo Renzi. Il bombardamento contro Marino si chiuse con le dimissioni di 25 consiglieri comunali e il commissariamento di Roma. Ora Marino è di nuovo nella Capitale: non sarà candidato, alle primarie ha sostenuto alle primarie il suo ex assessore Giovanni Caudo, ma farà di tutto per consumare la vendetta contro il Pd. Anche a costo di riabilitare Virginia Raggi.
In Calabria, ecco l'ex governatore dem Mario Oliverio, altra vittima del fuoco giustizialista, che prova a rovinare i piani di Letta. Qui la ferita è fresca. E' bastato un avviso di garanzia per mettere fuorigioco alle scorse regionali Oliverio: il Pd scelse Pippo Callipo e mandò in pensione il governatore uscente. Il risultato fu un tonfo: il centrodestra stravinse con 25 punti di scarto.
Ora, dopo la morte di Jole Santelli, si rivota: riecco Oliverio, fresco di assoluzione, che minaccia: «Neanche una telefonata dal mio partito in questi due anni, scendo in campo con le liste civiche». Altra vendetta in arrivo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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