Il Veneto detta legge alle moschee «Si dovrà parlare solo in italiano»

Nonostante l'appello del Patriarca di Venezia passano le nuove norme regionali. Più severe sui luoghi di culto

Serenella Bettin

Il Veneto alla fine ce la fa. Sì alla legge ribattezzata «antimoschee»; un sì tra tante polemiche, ovviamente, del Partito Democratico e dei pentastellati. Nella tarda serata di martedì, il Consiglio regionale del Veneto ha approvato la normativa con 30 voti favorevoli, 8 contrari e un astenuto. La legge prevede che le chiese, le canoniche, i patronati, le sale di preghiera e le scuole di religione siano realizzabili solo in aree urbanistiche ben definite, denominate «aree F», purché dispongano di strade, parcheggi e collegamenti adeguati, previa convenzione con i Comuni. Per le strutture esistenti che non hanno questi requisiti, interviene una norma che le salva, ma che vale solo per chiese, canoniche e patronati. Le sale di preghiera, moschee comprese, quindi, se non si trovano nelle aree loro destinate devono chiudere. Una legge che ha fatto tuonare le minoranze, impegnate inutilmente a chiedere il rinvio in commissione della proposta, oltre a farsi forza del «no» espresso giorni fa dal Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. «La libertà di culto non può essere una libertà dimezzata aveva detto qualche giorno fa Stefano Valdegamberi, consigliere regionale Lista Zaia a Il Gazzettino non è possibile che da noi tutto sia permesso e poi in certi Paesi che finanziano le moschee, non ci sia la possibilità di costruire una chiesa. Serve reciprocità». Il relatore del progetto di legge, il leghista Alessandro Montagnoli a Oppeano nel veronese, quand'era sindaco ha fatto chiudere tre sale di preghiera, tutte e tre le volte è stato trascinato davanti al Tar, ma tutte e tre le volte ha vinto. «Visto il momento particolare che viviamo ha detto - se vogliono venire nella nostra regione, devono rispettare le regole». Ha anche assicurato che l'intenzione della legge, il cui progetto è stato modificato dopo che la Corte costituzionale aveva bocciato parzialmente il testo lombardo, è quella di dare ai sindaci uno strumento di natura urbanistica che vada a regolamentare la proliferazione dei luoghi di culto. I Comuni infatti avranno la facoltà di indire dei referendum sulle costruzioni, nel rispetto delle previsioni statutarie e dell'ordinamento statale. Ma novità delle novità è l'obbligo di «utilizzare la lingua italiana per tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto». Cioè in tutte le moschee del Veneto si dovrà parlare italiano.

Il relatore leghista ce l'aveva messa tutta per non pronunciare la parola «islam» durante la seduta consiliare ma a riportare tutti con i piedi per terra è stata l'assessore Elena Donazzan di Forza Italia: «Non abbiamo un problema generico con i culti ha detto - abbiamo un problema generato dal terrorismo islamico e dobbiamo averne cognizione e comprenderne la portata, altrimenti questa legge non sarebbe stata definita legge antimoschee. Parigi e Bruxelles ci dimostrano cosa accade quando non si regolamentano i momenti di preghiera. Vogliamo aspettare che accada quello che è accaduto in quelle città?». Tutta Italia prega per il no.

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