«Il Veneto è minoranza nazionale»

Il centrodestra approva una legge per bilinguismo e autonomia

Serenella Bettin

Il Veneto diventa minoranza nazionale. Il Consiglio regionale del Veneto ieri pomeriggio ha approvato la legge che definisce il popolo dei veneti una «minoranza nazionale». Questo consentirebbe come per gli altoatesini di poter chiedere il rilascio del «patentino del bilinguismo». Ossia nelle scuole si apre la strada all'insegnamento del dialetto, anche se questa materia non viene propriamente definita dalla legge. Il progetto di legge 116 è stato approvato con 27 voti favorevoli (Lega, Lista Zaia e tre consiglieri della lista Flavio Tosi), 16 sono stati i contrari (Partito democratico, Cinque Stelle, Lista Moretti e uno della lista Flavio Tosi) e 5 gli astenuti (Fi e Fratelli d'Italia). Il pdl applica ai veneti la Convenzione quadro europea ratificata dall'Italia nel 1997. La legge era stata proposta all'assemblea veneta dai consigli comunali di quattro municipalità: Resana, Grantorto, Segusino e Santa Lucia di Piave. Le norme di tutela della Convenzione quadro europea saranno applicate a chi vorrà liberamente dichiararsi parte della «minoranza veneta».

Il relatore di maggioranza del pdl, il leghista Riccardo Barbisan si è così espresso: «Si tratta di un passo importante ha detto - nella strada per dare maggior forza e pregnanza alla richiesta di autonomia del Veneto». Posizione ribadita anche dallo stesso governatore Luca Zaia che ha annunciato che il referendum per l'autonomia si farà. «Noi miriamo a veder riconosciuti ai veneti gli stessi diritti assicurati agli altoatesini o ai trentini - dice Barbisan - , ai quali sono garantiti dallo Stato italiano risorse e mezzi per tutelare le minoranze di cultura tedesca, ladina, cimbra o dei Mòcheni». Sul provvedimento sia la Lega Nord che il governatore del Veneto, Luca Zaia avevano lasciato libertà di voto ai rispettivi rappresentanti.

«La cultura è uno degli elementi che caratterizzano un popolo - ha aggiunto Barbisan - è una ricchezza che non deve essere dispersa e mi sorprende l'ostilità manifesta da alcune forze politiche a questo progetto promosso, per altro, da una serie di amministrazioni comunali: magari si tratta delle stesse persone che si disperano se muore l'ultimo indiano parlante una antica lingua pre-colombiana e non ci interessa invece di difendere la cultura e la lingua veneta come testimonianza viva dell'identità del nostro popolo.

Favorevoli i «tosiani» Giovanna Negro, Maurizio Conte e Andrea Bassi.

«Riconoscere al popolo veneto la propria identità e la propria lingua - hanno detto - è una risorsa, perché si continua a parlare della fuga dei cervelli all'estero, mentre noi vogliamo che i nostri studenti e talenti rimangano in Italia e nel Veneto, per ricoprire i ruoli che meritano».

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