Calli piene, gondole a ruba. Tornano i turisti a Venezia, e tornano soprattutto gli stranieri. Per campi e ponti risuonano finalmente lingue straniere che da queste parti non si sentivano da mesi. Se è da qualche settimane che la città lagunare è tornata a riempirsi di visitatori, la vera novità degli ultimi giorni è il ritorno dei turisti forestieri, quelli che spesso fanno la differenza, perché spendono e spandono. La Serenissima è su quello che punta forte, sul turismo di alta gamma, quello che riempie gli alberghi di alto livello e i ristoranti, e non quello che scende da una grande nave da crociera o arriva con il pullman a piazzale Roma, consuma un tramezzino e uno Spritz e scompare per sempre. Ieri, complice la bella giornata e i primi eventi (qualche giorno fa è stata inaugurata la Biennale di Architettura, ieri è partita le seconda edizione del Salone nautico all'Arsenale), la città sembrava quella dei vecchi tempi. Arrigo Cipriani, leggendario patròn dell'Harry's Bar, a due passi da piazza San Marco, che qualche settimana fa ha festeggiato senza fronzoli i primi novant'anni di attività, sembra contento per l'arrivo di turisti altospendenti. «Abbiamo riaperto il 13 maggio e siamo decisamente soddisfatti, vediamo una gran voglia di ripartire, sempre nel rispetto delle regole e in sicurezza. Abbiamo un'ottima occupazione, soprattutto nel weekend. Abbiamo un buon bacino di utenza europeo, soprattutto da Austria, Svizzera, Francia e Italia», dice Luana Mazzega, pr manager dell'Hotel Belmond Cipriani, secondo cui «dall'anno scorso ci siamo aperti a mercati che non erano storicamente significativi per noi in termini percentuali come quello europeo, potenziato dai viaggi di prossimità». Però non si rinuncia a guardare al di là dell'oceano: «Abbiamo richieste dagli Stati Uniti a partire da agosto, prima della pandemia i nostri mercati principali sono sempre stati Regno Unito e Usa. E per la Mostra del cinema abbiamo il sold out, come ogni anno». Per questo non ci sono ancora numeri, ma lo scorso week-end Venezia ha accolto 100mila turisti, dei quali 10mila stranieri, per lo più tedeschi e francesi, ma anche svizzeri e austriaci.
Anche un altra grande città d'arte, Roma, sta riscoprendo il piacere di accogliere turisti che arrivano da lontano, dopo una ripartenza principalmente autarchica. Nei giorni scorsi lo sbarco dei primi visitatori dagli Stati Uniti (sui voli Covid free da New York e Atlanta) è stato celebrato su Facebook dalla sindaca Virginia Raggi: «I turisti americani tornano a Roma. L'aeroporto Leonardo Da Vinci ha accolto i primi passeggeri statunitensi diretti nella Capitale, una notizia bellissima che dà speranza a tutti. Questo risultato è frutto di un lavoro di squadra instancabile e su più livelli, che grazie alle campagne vaccinali sta dando ottimi frutti». Roma ha puntato forte sulla sicurezza sanitaria, certificata dal bollino «Rome Safe Tourism», ma anche su una «promozione capillare delle eccellenze locali diretta al target di visitatori statunitensi, che rappresenta il 70 per cento degli arrivi dall'estero», ricorda Raggi.
Ovunque nei distretti turistici (da Firenza al resto della Toscana, dal Veneto alla Sicilia, dalla Liguria al Salento) si guarda con fiducia al ritorno alla normalità. A Capri, dove un turista su tre è americano, si incominciano a vedere i primi stranieri in piazzetta, e se giugno appare comunque fiacco si prevede un boom a luglio. «Cominciamo a vedere la luce in fondo al tunnel - garantisce il il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca -. Negli Stati Uniti c'è una grande voglia di Italia e noi abbiamo bisogno dei turisti americani, per le città d'arte soprattutto, li stiamo aspettando a braccia aperte». L'importanza degli Stati Uniti risiede anche nel fatto che gli altri grandi bacini di visitatori, come ad esempio Russia e Cina, al momento sono tagliati fuori dal fatto che l'Ue non riconosce i loro vaccini ai fini dell'ottenimento del «green pass».
Federturismo Confindustria calcola nel 2021 un saldo negativo del 40 per cento di presenze rispetto al 2019 e prevede che ci vorranno almeno due anni per un ritorno ai datipre-pandemia. Il ritorno al futuro sarà lento, ma siamo ripartiti.
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