Venezuela fuori controllo. Bande contro la polizia: "Caracas zona di guerra"

Quattro giorni di scontri a fuoco, Maduro schiera carri armati e forze speciali ma è caos

Venezuela fuori controllo. Bande contro la polizia: "Caracas zona di guerra"

San Paolo. Da mercoledì la capitale del Venezuela Caracas si è trasformata in un campo di battaglia. Quattro giorni di scontri feroci tra bande criminali armate sino ai denti opposte ad almeno 800 uomini sguinzagliati dal presidente dittatore Nicolás Maduro, forse di più ma è impossibile avere cifre attendibili su operazioni «di sicurezza interna« da una dittatura che dal 2014 non riesce neanche a dare cifre attendibili su inflazione (5000% la più alta al mondo) e salari (i più miserabili al mondo, meno di 3 euro al mese).

«Caracas è una zona di guerra», ripete la gente esasperata costretta a vivere da 72 ore tra spari ed esplosioni di granate e gruppi di criminali che scorrazzano in moto, «Caracas è zona di guerra» scrive su Twitter Maria Corina Machado, storica politica d'opposizione, ma «lo sono anche la Guayana, il Delta, Apure, Táchira e la Goajira» perché oramai di fronte alla somalizzazione del territorio venezuelano, diviso in così tante bande armate che è persino difficile elencarle, «i venezuelani vengono attaccati perfino dentro casa». Chi può, continua la Machado, «fugge via terra, altri via mare. Il mio paese sta andando in pezzi. Non ho parole per descrivere quello che vedo...». E così, mentre il chavismo e l'opposizione si sono incontrati con una missione dell'Unione Europea arrivata a Caracas l'altroieri per valutare la possibilità di inviare degli osservatori UE alle elezioni amministrative del prossimo novembre, nella zona ovest la capitale è in stato d'assedio visto che Maduro ha fatto schierare persino le batterie antiaeree in sei quartieri capitolini: Cota 905, El Valle, El Cementerio, Santa Rosalía, Roca Tarpeya e La Vega. Segnatevi i nomi perché la nuova linea del fronte bellico di Maduro, asserragliato sempre di più nel suo bunker di Miraflores, per adesso è qui. L'obiettivo del delfino di Chávez è duplice a detta degli analisti. In primis mostrare i muscoli e far vedere che controlla la situazione almeno nella capitale con la solita scusa di un immaginifico attacco esterno.

«I nemici del Paese intendono seminare il panico attraverso il finanziamento di bande criminali, non staremo a guardare», ha infatti tuonato Maduro su Twitter l'altroieri. «Stiamo agendo con forza, attenendoci alla Costituzione (sic) per garantire la sicurezza. Possa la pace vincere!». In secondo luogo essere pronto nel caso che la «guerra» delle bande criminali si estenda oltre i limiti terrestri. Le immagini diffuse dalla tv colombiana NTN24 ieri hanno mostrato i carri armati sfilare ed entrare nei barrios della zona occidentale della capitale, quella dove gli scontri nelle ultime 72 ore sono stati più violenti. E camion con sopra batterie antiaeree modello «Buk-M2E » di produzione russa. Durante la controffensiva del regime iniziata ieri, la tv di Maduro ha invece mostrato le prime armi sequestrate alle gang criminali negli ultimi giorni: un M20 Super Bazooka, munizioni calibro 50 oltre a scatole di munizioni 7,62x51 e secchi pieni zeppi di proiettili per AK-103. Ma Maduro ha anche sguinzagliato il FAES, le Forze Azioni Speciali che sono il suo braccio armato più letale, noto anche alla Corte Penale Internazionale per aver commesso crimini contro l'umanità.

Ieri il FAES è entrato sulla Cota 905, la roccaforte della gang guidata da Carlos Luis Recete, alias «Koki», che nelle ultime ore ha attaccato la sede della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB), uccidendo 8 persone tra cui due militari. Sulla sua testa il regime ha posto una taglia da mezzo milione di dollari mentre i media locali parlano di 12 morti vittime degli scontri. Un bilancio che nella «guerra di Caracas» è purtroppo destinato a salire.

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