Mentone. La Francia mostra i muscoli. Ancora una volta e schiera 150 gendarmi a difesa delle frontiere al confine con Ventimiglia. L'imbuto d'Europa. Poliziotti francesi che si aggiungono a quelli (molto agguerriti) già schierati. L'obiettivo è bloccare più immigrati possibili provenienti dall'Italia. Gli stessi che in questi giorni stanno sbarcando a Lampedusa. Basta arrivare a Ponte San Ludovico per recepire il messaggio inviato da Macron al nostro Paese. All'Europa. «Da qui non si passa!» Oltre venti camionette blindate sono state piazzate a presidio della frontiera. I gendarmi sono schierati perfino lungo i binari della ferrovia. È lì che la maggior parte dei migranti tenta di attraversare il confine. Tutte le auto (in particolare quelle con la targa italiana) appena attraversano il posto di polizia e raggiungono la Francia vengono fermate e perquisite. Motore spento, bagagliaio aperto. Automobilisti costretti a scendere dal veicolo. Sembra essere tornati indietro nel tempo. Tra Mentone e Ventimiglia non esiste lo spazio Schengen, è sospeso. Un guaio per i frontalieri costretti a fare la fila per recarsi al lavoro oltralpe. Gli hotel del primo comune francese ospitano i gendarmi tanto che è difficile trovare anche una camera. È sera quando li vediamo uscire da uno degli hotel. Tutti rigorosamente in tenuta antisommossa. Caschi, manganelli, torce. Dalle hall degli alberghi dritti al confine. Pattugliamenti tra le montagne, l'autostrada e in città. Per le strade di Mentone, infatti, non si vede nemmeno un migrante «ovvio» - ci dice una signora francese che incontriamo ai Jardins Bioves - «la polizia nazionale li blocca e li riporta in Italia. Noi non possiamo accogliere tutti». Una volta fermati e bloccati i migranti vengono rimandati indietro, in Italia. Una storia lunga anni che si ripete ogni giorno. Al posto di comando italiano presieduto dalla Polizia di Stato e dagli Alpini non resta che accoglierli. Nuovamente. Molti sono privi di documenti, in mano solo il foglio di via rilasciato dalla gendarmeria. Così in tanti stazionano a Ventimiglia, sotto il ponte Roja, dove la riviera dei fiori sembra lontana. Il mare, il sole scompaiono. La riva del fiume che taglia in due la città di Ventimiglia cancella in un attimo le immagini della bella e accogliente Liguria. Materassi marci, coperte sporche e usurate, rifiuti. Centinaia di clandestini fantasma sopravvivono sotto il ponte della tangenziale trasformato in un girone dantesco. Il purgatorio. Tutti respinti dai francesi. Non una, non due, ma tante, troppe volte. Tanto da perdere il conto. Tanto da perdere la speranza. Rassegnati all'idea di dover stare in Italia, per loro solo un Paese di transito. Bloccati da un'Europa egoista che non si fa carico delle loro vite e non condivide il peso gravoso dell'accoglienza. L'aria è pesante, quasi irrespirabile nonostante siano tutti accampati all'aperto. «Guardi che è pericoloso andare lì sotto» ci avvisa un anziano signore uscito dal bar «Mike» su via della Tenda. Non ci facciamo intimorire. Entriamo, un immigrato ci guarda e, minaccioso, avverte: «Giornalisti? Qui no, no! Andate via!» È il posto riservato a chi preferisce stare nell'ombra, a chi, per vivere, delinque. Lo ignoriamo e andiamo oltre. Ci avviciniamo ad un gruppo di giovani migranti radunati attorno ad un fuoco improvvisato. Bruciano di tutto. Anche un copertone.
Tre di loro provengono dalla Nuova Guinea, parlano francese ed è in Francia che vogliono andare. «Sono arrivato a Lampedusa con un barcone poi ci hanno portato a Como, sono andato via. Non voglio stare in Italia». Dovrà rassegnarsi o tentare la sorte. In molti per eludere i controlli dei francesi perdono la vita.
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