«Sono fedele al Papa, non lo tradirò mai, anche se mi ha parlato di accuse di peculato dopo un'inchiesta della Guardia di Finanza. Al momento non ho ricevuto alcuna comunicazione dal tribunale vaticano, non temo di essere arrestato perché non ho fatto niente». Il cardinale Angelo Becciu si difende dopo quel fulmine a ciel sereno, lo ha definito così lui stesso, che lo ha colpito e che ha scosso anche le stanze d'Oltretevere con le sue dimissioni da Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e la rinuncia ai diritti connessi al cardinalato. Un faccia a faccia di venti minuti con Francesco, durante il quale Bergoglio lo ha messo a conoscenza di aver saputo dalla magistratura vaticana di flussi di denaro partiti dal Vaticano con destinazione la sua Sardegna. «Fino a qualche minuto prima - racconta il cardinale - pensavo che il Papa fosse mio amico, poi all'improvviso ha detto di non aver più fiducia in me e ne ho preso atto».
Al porporato vengono contestate tre operazioni: due versamenti da 300.000 euro che la Conferenza Episcopale Italiana avrebbe prelevato dall'8x1000 per finanziare la cooperativa del fratello di Becciu (che lavora a stretto contatto con la Caritas locale) e un versamento da 100.000 euro prelevati, questa volta dal cardinale, dall'Obolo di San Pietro, il fondo per la carità del Papa, e destinati alla sua diocesi, Ozieri, per attività benefiche attraverso la cooperativa del fratello. «All'epoca ero Sostituto della Segreteria di Stato - si è difeso Becciu - ed è nelle facoltà del Sostituto poter decidere a chi devolvere soldi per opere di carità, forse potrebbero accusarmi di conflitto d'interessi per aver aiutato la mia diocesi ma non ho commesso reati. Peraltro - ha aggiunto - quei soldi sono ancora fermi sul conto della diocesi, è tutto un malinteso».
Becciu incalzato dai cronisti ha detto di non sapere se c'è «qualche nemico» che ha orchestrato il tutto. In realtà, da quanto risulta a Il Giornale, sarebbe stata attivata diversi mesi fa una linea telefonica «sicura», tra Sidney e la Città del Vaticano per il passaggio di informazioni confidenziali che hanno portato alle ultime novità sulle finanze d'Oltretevere Dietro la decisione di Papa Francesco di «licenziare» il porporato sardo ci sarebbero alcune rivelazioni del cardinale australiano George Pell, Prefetto emerito della Segreteria per l'Economia che nel 2017 aveva dovuto lasciare l'incarico in Vaticano per difendersi in Australia dalle accuse di pedofilia. Pell scagionato dall'Alta Corte, da uomo libero ha riallacciato i contatti in Vaticano per dare informazioni utili sulle scoperte fatte quando era «ministro dell'Economia» della Santa Sede. Non è un caso che ieri mattina il porporato abbia diffuso un comunicato in cui afferma: «Il Santo Padre venne eletto per pulire le finanze vaticane. Ha fatto un lungo lavoro e deve essere ringraziato per i recenti sviluppi». Chiaro il riferimento del porporato al caso Becciu.
Oltre al contributo del cardinale Pell ci sarebbe stato anche un intervento di Libero Milone, l'ex revisore generale dei conti del Vaticano, anche lui allontanato nel 2017 dal suo incarico perché accusato di spiare la vita privata «dei superiori», tra cui il cardinale Becciu.
A Milone, secondo il racconto del diretto interessato, prima delle dimissioni sarebbe stato impedito di parlare col Papa. Ma sarebbe riuscito comunque, negli ultimi tempi, a entrare in contatto con alcune persone vicine a Bergoglio per riferire ciò che aveva visto.
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