Parla a cuore aperto, Pier Silvio Berlusconi. Evita di usare filtri, formule di circostanze, espedienti verbali o di scartare in dribbling le domande più insidiose, non esitando neppure a ragionare, interrogarsi ed esercitare il dubbio sulla domanda delle domande: «Scenderà in politica?». Una possibilità rispetto alla quale la porta resta chiusa, ma non serrata a doppia mandata.
La tradizionale presentazione alla stampa dei palinsesti autunnali di Mediaset, tenutasi due sere fa negli studi del broadcaster a Cologno, non è certo avara di spunti politici. L'amministratore delegato di Mediaforeurope-Mfe (il nome che da qualche anno si è dato il gruppo Mediaset per testimoniare l'impegno in un progetto di espansione su scala europea), sottoposto a un pressing di domande, non si tira indietro. Innanzitutto ribadisce la stima verso Giorgia Meloni: «Meno male che in Italia c'è un governo stabile, fa bene a tutti, ai cittadini perché dà certezze, sicuramente agli imprenditori e alle aziende. Che voto gli dò? Un voto molto alto».
Si passa poi alla richiesta di un commento sulle parole della sorella Marina sulla «sinistra di buon senso» e sulla sintonia sui diritti civili con quella parte politica. «Marina ha espresso un'opinione personale, da editore. Come è legittimo e giusto che sia possibile fare. Tengo comunque a sottolineare che la difesa dei diritti civili è nel dna di ciò che ci ha tramandato nostro padre. E le battaglie di civiltà non sono né di destra, né di sinistra».
La curiosità dei cronisti si appunta, però, soprattutto su quell'interesse per la politica che il secondogenito di Silvio Berlusconi non ha mai nascosto di avere. «Non ho mai, mai, mai né io né Mediaset commissionato sondaggi su una mia discesa in politica. È una balla assoluta. Un sondaggio è uscito la scorsa estate, ma non commissionato da noi. Io vado a Roma ogni due settimane, perché lì c'è un grande pezzo della nostra parte produttiva. Mi capita di incontrare imprenditori, ma fa parte del mestiere». Quanto alla politica «il fascino in termini di adrenalina, avventura, spinta, rapporto con la gente io lo sento, fa parte del dna di mio padre. Di un qualcosa che io sento ahimè di avere. Parlare con le persone è stato il mio mestiere per più di 30 anni perché la tv questo fa. Ma un conto è fare le elezioni con la grande avventura elettorale, un conto il sacrificio della vita politica di tutti i giorni. Nel 2013 mio padre mi chiese di candidarmi. Non posso dire che non mi piacesse l'idea. Ma non c'erano le condizioni». La conclusione del ragionamento è all'insegna del realismo: «Chi te lo fa fare? E poi cosa fai con il conflitto di interessi? Vendi tutto? Molli tutto in mano a qualcuno, non è un tema leggero. Sarebbe quasi un suicidio».
C'è, però, una questione di prospettiva. E la convinzione che ci sia una grande domanda di politica moderata a cui il sistema attuale non sembra in grado di rispondere. «Alla prossima tornata si aprirà uno spazio al centro che andrà occupato. Ci potrebbe essere un'opportunità pazzesca di marketing, parlando di politica. I moderati in Italia sono la maggioranza, oggi però non hanno qualcuno in cui si riconoscono veramente. Tanto è vero che la stessa Meloni, che io considero bravissima, sta prendendo voti dei moderati. Forza Italia è perfetta e sta lì, il brand già è lì. Tuttavia un conto è una Forza Italia di resistenza, un conto è una Forza Italia di sfida. Io dico che ci può essere una opportunità, abbastanza unica, per qualunque forza-candidato di centro moderato».
Una frase che qualcuno interpreta come una sorta di sconfessione verso l'attuale leadership azzurra.
Ma dagli ambienti Mediaset filtra che la volontà dell'ad era quella di accendere i riflettori sull'apertura di uno spazio elettorale e politico e ribadire la fiducia nel segretario Antonio Tajani. Tanto più che anche dentro Forza Italia le parole del secondogenito di Silvio Berlusconi vengono lette come uno stimolo a fare meglio e a riprendere a pensare in grande. Nel solco dello spirito del fondatore.
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