Francesco Ventola è amico di Raffaele Fitto da quando sono ragazzini. Lui ha due anni meno di Raffaele. Oggi è parlamentare europeo di Fdi. Giovanissimo è stato eletto sindaco di Canosa di Puglia.
Giorgia Meloni è riuscita a imporre Fitto alla vicepresidenza della commissione europea. Successo dell'Italia e anche della Meloni?
«Successo dell'Italia grazie alla Meloni. Con il suo impegno e le sue doti politiche, senza fuochi d'artificio ma con serietà, ha portato a casa un risultato che dà prestigio all'Italia».
Lei conosce benissimo Fitto. Mi dica chi è...
«Fitto è un eterno giovane, bravo, competente e studioso. Forse troppo serio. Ma è quello che oggi serve nella politica. Serietà. Molto consenso, molti contenuti, poca immagine».
Più meloniano o più Dc?
«Credo che sia al passo coi tempi. Formazione democristiana, moderata, e ha visto nella svolta della Meloni la novità necessaria per l'Italia».
Il padre di Fitto era moroteo
«Sì. Era allievo di Moro. È stato un grande politico pugliese. Al contrario di Raffaele molto giocherellone. È morto quando Raffaele aveva 19 anni. E a quel punto Raffaele, giovanissimo, ha sentito il dovere di entrare in politica e ha raccolto subito moltissimi consensi».
Moro girava a Maglie in casa Fitto?
«Sì, certo, ma noi eravamo ragazzini».
Raffaele, scuola-Moro nella squadra con la Fiamma?
«Diciamo che i tempi cambiano. Giorgia Meloni nel 2018 ha aperto il suo partito al pensiero moderato».
Com'era Fitto ragazzino?
«Gli piaceva giocare al pallone».
In che ruolo?
«Centrocampista rifinitore. Era bravo. Ma io ero più bravo di lui. Giocava nel Maglie, poi dopo la morte del padre lasciò il calcio».
A scuola era bravo?
«Sì, studiava molto. Gli piaceva giocare, divertirsi, ma gli studi erano la sua priorità. E poi non dimentichiamo la figura del papà. I professori gli dicevano: devi studiare, sei figlio di una gran persona...».
La morte del padre è stata una svolta nella vita di Raffaele?
«Fu improvvisa. Dolorosissima. Lo sconvolse e spinse alla politica».
Come era la famiglia di Fitto?
«Molto unita. Noi diremmo: una famiglia come piace a noi. Ognuno pensava agli altri, grande affetto, grande amore».
Lei e Fitto siete due enfant prodige della politica. Avete lavorato insieme?
«Abbiamo iniziato insieme. Quasi contemporaneamente lui è stato eletto presidente della Regione e io sindaco della mia città. Così da semplici amici siamo diventati legati da un rapporto istituzionale. A noi due piaceva una cosa: fare. Poche chiacchiere e molte cose concrete».
Da amico, me lo dica: quali difetti aveva Raffaele?
«Testardo. Era un bel giovanotto. Molto ambìto».
Lei ne soffriva?
«No. C'erano tante ragazze in giro».
Ma lui era un seduttore?
«Sì, sì. Giovane, bello alto, spigliato».
Come è stato come presidente della regione Puglia?
«Un riformista».
Però perse le elezioni...
«Sì. Lì contò molto la magistratura. Ricordo che alcuni magistrati che l'avevano indagato poi diventarono assessori con Nichi Vendola. Lui fu scagionato da tutto, ma le elezioni le aveva perse. Lo sappiamo: queste cose succedono. E così si bloccarono le riforme, come quella sanitaria e quella dei rifiuti».
Risultato?
«Oggi noi esportiamo pazienti e rifiuti. Perché le riforme che Fitto aveva avviato furono bloccate».
La Puglia ne guadagnerà dalla sua elezione?
«Raffaele farà l'interesse europeo e italiano. Se la classe dirigente pugliese lavorerà bene, certo non sarà danneggiata dall'avere un vicepresidente della commissione pugliese».
Come ha vissuto Fitto la battaglia tra socialisti e popolari sul suo nome?
«Ha sempre capito che il problema non era il suo nome. Il problema era politico. Riguardava l'Italia e i rapporti tra i partiti».
Prodi, Monti, Mattarella. È stato contento di avere avuto sponsor così alti a sinistra?
«Sicuramente sì. È sempre stato apprezzato non solo dal centrodestra per la sua moderazione e per il suo pragmatismo.
Come amico, che amico è?
«Leale corretto e sincero».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.