"Vi spiego la guerra psicologica di Putin a Zelensky"

Il dottor Marco Cannavicci, ex Direttore del Servizio di Psicologia Militare della Direzione Generale di Sanità Militare del Ministero della Difesa, spiega cosa si nasconde dietro la strategia psicologica di Vladimir Putin

"Vi spiego la guerra psicologica di Putin a Zelensky"

Una guerra presenta sempre anche dinamiche psicologiche: il dottor Maro Cannavicci, pischiatra e già Direttore del Servizio di Psicologia Militare della Direzione Generale di Sanità Militare del Ministero della Difesa, lo ricorda a tutti. Al netto delle teorie sul Putin "paranoico", infatti, esiste un piano strategico-psicologico attraverso cui lo "Zar" potrebbe ottenere la resa incondizionata dell'Ucraina. Anche la forma mentis di un leader, durante un conflitto bellico, assume la sua centralità e contribuisce a spiegare il perché di certe mosse e contromosse.

La psicologia occidentale aveva rimosso l'eventualità di una guerra?

"La gran parte dei cittadini europei è cresciuta all’interno di regimi democratici ove c’è stato spazio per la dialettica, per il dissenso, per il pensiero differente e ciò è
stato agevolato da assetti costituzionali dove c’è il bilanciamento dei poteri dello Stato ed è stata assente l'idea di lasciare il potere nelle mani di un solo leader.
L'idea di un conflitto, di una guerra, del ricorso alle armi per imporre la propria volontà è stata vista solo nell’ottica della difesa delle istituzioni democratiche e delle libertà individuali. L’idea della guerra d’attacco e di invasione, non fa più parte del pensiero occidentale sulle relazioni fra gli Stati fin dalla metà del XX secolo".

Si fa un gran parlare della psicologia di Vladimir Putin. Come influiscono le mosse occidentali sul leader russo in relazione al quadro psicologico?

"Il leader russo ha maturato la propria forma mentis all’interno dei servizi di intelligence sovietici (il famoso KGB) ed ha prestato servizio a Dresda, nella
Germania Est, collaborando con un altro potente e spietato servizio di intelligence, la Stasi, che esercitava un capillare ed asfissiante controllo sulla popolazione civile (come descritto dal film "Le vite degli altri"). Putin è un esperto quindi nell’arte dell’inganno, della menzogna, della disinformazione, della dissimulazione, della manipolazione e finora è riuscito, con freddezza ed autocontrollo, ad imporre sempre il suo punto di vista su chiunque altro. Con questa forma mentis ha conquistato e stabilizzato il suo potere a Mosca e sottilmente esibisce questo esercizio di potere di fronte ad altri potenti del mondo, come quando si è fatto molto
attendere dal Papa oppure quando è arrivato con molto ritardo all’appuntamento con Angela Merkel. Non è un pazzo, non è un paranoico, non è un narcisista, è un
abile stratega che dosa le proprie mosse con abile tempismo ed arriva sempre, come tutti gli amanti degli scacchi, a barattare le perdite con preziosi vantaggi di
posizione".

Ma è così semplice analizzare il quadro psicologico di un leader in guerra?

"Non è semplice perché di Putin noi conosciamo solo gli aspetti pubblici, quelli studiati dalle sottili strategie dell’informazione e dell’induzione delle idee.
Contrariamente ad altri leader mondiali, Putin non usa i social media per comunicare, non frequenta il modo digitale e non si collega al web. Controlla la
propria immagine in modo meticoloso ed è sempre aggiornato su quello che il mondo pensa di lui. Ha una ristrettissima cerchia di persone ove nessuno, sembra,
osa contraddirlo. Putin è un leader di vertice e di comando che non conosce confronti con interlocutori del proprio livello. Questo rende forte ed inattaccabile il suo potere, tuttavia lo espone alla perdita del contatto con il mondo esteriore e delle capacità dialettiche ed interattive con idee diverse ed altre opinioni o pareri".

Zelensky, nell'immaginario collettivo, è un eroe.

"Zelensky, suo malgrado, si è ritrovato a vestire i panni del salvatore della patria e sta interpretando il ruolo del piccolo Davide di fronte al gigante Golia. Il mondo ha preso la sua difesa in questa guerra "asimmetrica" e vorrebbe fare di tutto per aiutarlo, tuttavia l’impressione è che Putin, da sottile stratega, dosi la propria forza
bellica con operazioni militari di scenario e di posizione finalizzate a far emergere l’impotenza e la debolezza dell’avversario e quindi costringerlo alla resa "senza
condizioni"".

L'escalation bellica prevede anche dinamiche psicologiche. Come si ferma?

"L’opinione pubblica europea e mondiale ha potuto vedere la riedizione della storia bellica della II Guerra Mondiale, con le truppe, i missili ed i carri armati. Questo fa parte della scenografia psicologica della guerra, tesa a colpire le emozioni degli europei con rinnovi di paura e di terrore. Tuttavia la guerra del XXI secolo non si
combatte militarmente, si combatte con l’informazione, con l’economia, con gli attacchi nel cyberspazio (gli esperti militari parlano di "guerra cognitiva"), vale a dire
un tipo di guerra digitale, invisibile, iniziata già da tempo e non in grado di influenzare l’opinione pubblica. Per muovere le dinamiche psicologiche serve la
parte visibile della guerra classica, quella delle tragedie della morte, della fuga dei profughi, della distruzione delle case, del sangue e del pianto dei sopravvissuti. Ed è questa "visibile" parte della guerra che porterà l’occidente, come potrebbe immaginare Putin, a spingere per una resa "senza condizioni", unico modo in grado
di fermare la tragedia".

Come se la stanno giocando, seguendo questa scia di ragionamenti, i leader occidentali. E quindi soprattutto Biden.

"Putin considera l’invasione dell’Ucraina una faccenda interna della Russia ed intima al mondo di non interferire con il suo operato, pena la minaccia della ritorsione al massimo livello, quello nucleare. Il mondo sta scoprendo la propria impotenza di fronte a Putin e mette in campo quello che ha disposizione, evidenziandone in gran parte l’inutilità e l’inefficacia a fermare il conflitto.

Che a Parigi, a Londra, a Roma ed in tutte le altre città del mondo, la popolazione scenda in piazza per dire il proprio "no" alla guerra, molto probabilmente era già stato previsto nella strategia di Putin ed inserito, insieme con le sanzioni economiche e di altro tipo, nella dinamica, tipica degli scacchi, delle perdite materiali a vantaggio del guadagno di posizione e di potere nella scacchiera geopolitica del mondo".

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