Viale Mazzini si arrende: siamo tutti renziani (finché conviene)

Nessuna domanda sulla riforma della Rai nell’intervista (in ginocchio) di Giletti all’Arena. E guai a chiedere spiegazioni al conduttore: "Siamo in campagna elettorale!"

Viale Mazzini si arrende: siamo tutti renziani (finché conviene)

In Rai sono tutti renziani. Almeno sulla carta. C’è chi ha rinnegato padre e madre per abbracciare la fede renziana. Chi cerca di spogliarsi di tutti gli averi con la sola speranza di riceverne di nuovi. Insomma, tutti hanno capito da che parte stare. Si mettono comodi.

Ma la domanda resta una: questa benedetta riforma si farà o non si farà? I tempi sono stretti e lo spettro (tanto temuto dal premier Matteo Renzi) della legge Gasparri prende forma trasformandosi sempre più in una facile previsione.

Il 25 maggio, tra meno di dieci giorni, il Consiglio d’Amministrazione di viale Mazzini terminerà il suo mandato. Ma resterà al timone del servizio pubblico e si occuperà di "amministrazione ordinaria".

Intanto la riforma targata Renzi è "in corso d’esame" all’ottava Commissione permanente del Senato (Lavori pubblici, comunicazioni). E ci resterà per un po’. Infatti, nessuno ancora conosce il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge sulla riforma della Rai. Una data sarebbe non lontana dagli ultimissimi giorni di maggio e i primi di giugno.

E sarà proprio il numero degli emendamenti presentati dalle forze politiche a decidere se, per necessità, si tornerà alla Gasparri, oppure si riuscirà a cambiare la governance di viale Mazzini con la nuovissima legge di Renzi. Per evitare la pioggia di emendamenti promessa dalle opposizioni, il premier sa che dovrà ridiscutere il disegno di legge e cedere alle richieste di modifica delle altre forze politiche. Altrimenti, senza appello, sarà la legge Gasparri.

Cedere o non cedere, questo è il problema. Certo è che, se il Senato non dovesse approvare in tempo la riforma, la Rai sarà il primo scivolone (col botto) di Matteo Renzi. Lui, che nei salotti televisivi ha già cominciato a condurre le danze. Nessuna domanda sulla questione Rai nell’intervista (in ginocchio) di Massimo Giletti nell’ultima puntata dell’Arena di Raiuno. E guai a chiedere spiegazioni al conduttore: "Siamo in campagna elettorale!".

Quindi, ricapitolando: la par condicio vale solo se si parla del servizio pubblico? Mentre sulle pensioni e sulla contestata riforma della scuola, spazio ai proclami del premier. Senza contraddirlo. E senza contraddittorio.

Ma qualunque siano le sorti della Rai, Renzi ha già in mente dei nomi. Che si tratti di direttore generale o di un amministratore delegato. Il primo della lista rimane Vincenzo Novari, attuale ad di H3G, tipico uomo da Leopolda, molto vicino al premier che, a breve, dopo la fusione con Wind, potrebbe restare senza poltrona e venir paracadutato al vertice di viale Mazzini. Desiderato dalla Rai anche Andrea Scrosati, responsabile dei contenuti non sportivi di Sky. Resta invece in sella Antonio Campo dall’Orto, fantasista della televisione, nominato dallo stesso Renzi nel Cda di Poste Italiane e che, insieme al sottosegretario Antonello Giacomelli, ha disegnato la riforma del servizio pubblico radiotelevisivo. Già da un anno il suo nome è sulla bocca di tutti che lo vogliono erede diretto della gestione di Luigi Gubitosi. Amante incerto, però, delle "nozze con i fichi secchi" che ormai in Rai sono la conditio sine qua non.

Il desiderio "segreto" di Renzi, però, resta quello di un ad in gonnella. O un dg su tacco 12. Il nome che circola con insistenza è quello di Marinella Soldi, amministratore delegato di Discovery Italia, ormai terzo editore televisivo in Italia.

Un "capitano" donna con uno staff di dirigenti donne ed un canale, quello di punta in termini di ascolti, Real Time, fatto, amato e seguito da donne.

Insomma, con una riforma ormai già naufragata, Matteo Renzi vede una Rai in gonnella. Così, finalmente, potrà essere l’unico gallo del pollaio. Anzi, nell’Arena.

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