L'annuncio non ha fatto scontenta solo la popolazione, ma anche l'industria. E tuttavia dà la misura del problema. La Corte Suprema indiana ha deciso: stop ai fuochi d'artificio, troppo inquinanti per un Paese la cui aria, soprattutto nelle metropoli, è già tossica a sufficienza. Il cosiddetto «festival delle luci», Diwali, osservato da circa un miliardo di hindu in tutto il subcontinente e in programma per domenica, non farà eccezione. Nonostante gli spettacoli pirotecnici siano stati finora il cuore della festa, il simbolo della vittoria della luce del bene sulle tenebre del male.
L'industria indiana dei fuochi d'artificio è la seconda al mondo dopo quella cinese. Secondo i dati raccolti dal New York Times, il comparto vale poco meno di un miliardo di dollari. Quest'anno si attendono perdite per circa 100 milioni. Sugli scaffali dei negozi le centinaia di tipologie di bengala, girandole, mortaretti, petardi e razzi di ogni colore e forma, si sono ridotte ad appena un paio di modelli, gli unici che si sono salvati dalla scure dei giudici. Sono i fuochi «green», non per il colore dell'esplosione rilasciata ma perché ecosostenibili. Il governo indiano ha dato mandato ad alcuni laboratori statali di trovare nuove formulazioni che siano compatibili con il rispetto dell'ambiente. Ed ecco quindi i (pochi) prodotti rimasti acquistabili: più silenziosi e con il 30% in meno delle emissioni di particolato nell'aria, sono stati considerati accettabili. «Dopo la sentenza della Corte Suprema c'era il rischio del collasso del settore. E tuttavia, la scienza ci è venuta di nuovo in soccorso e milioni di posti di lavoro sono stati salvati», ha annunciato trionfante il ministro della Salute, Harsh Vardhan.
Eppure, se fino all'anno scorso erano 1.600 i produttori di materiale pirotecnico in tutto il Paese, oggi solo 350 hanno ricevuto l'autorizzazione a fabbricare i nuovi eco-fuochi. La scarsa gamma proposta e il prezzo più salato stanno facendo calare le vendite. Oltre a lasciare con l'amaro in bocca grandi e piccoli, che tradizionalmente attendono la notte di Diwali per poter ammirare lo show di luci nel cielo. E poco importa che, fino all'anno scorso, l'aria diventasse così densa e irrespirabile che anche solo spostarsi da un luogo all'altro per andare a fare visita a parenti e amici, come prevede il rito, diventava un'impresa.
Per quanto impopolare, il tema resta urgente. Nella classifica delle città più inquinate stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità sulla base della quantità di polveri sottili (Pm10 e Pm2.5) rilevata nell'aria tra il 2008 e il 2017, 13 delle prime 20 città della lista si trovano in India. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Lancet, nel 2017 l'aria avvelenata è stata la causa di 1,24 milioni di morti, il 12,5% dei decessi totali registrati nel Paese.
Il primo ministro Narendra Modi, rieletto a maggio, è stato criticato per aver fatto campagna elettorale con un piano anti inquinamento giudicato troppo vago. Si vedrà se ora il suo esecutivo avrà il coraggio di andare oltre lo stop agli spettacoli pirotecnici.
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